Dalla sua invenzione, avvenuta nel 1960 da parte di Wilson Greatbatch, e la successiva introduzione nella pratica chirurgica, il pacemaker ha contribuito a salvare moltissime vite e a stabilizzare le condizioni patologiche di milioni di persone in tutto il mondo.
Secondo i dati raccolti dalla ESC – European Society of Cardiology, l’Italia è uno dei Paesi europei con il maggior numero di pacemaker impiantati, con più di 900 dispositivi per milione di abitanti.
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Ma cos’è il pacemaker, come funziona, a cosa serve e quando viene utilizzato? Scopriamolo insieme.
Di cosa parliamo in questo articolo
Cos’è il pacemaker
Un pacemaker è un piccolo dispositivo che aiuta il cuore a battere più regolarmente, impiegato, come si può facilmente intuire, in presenza di malattie cardiache che ne richiedono l’utilizzo.
Si tratta, semplificando, di un apparecchio di piccole dimensioni, in media circa 4-5 centimetri, impiantato sotto pelle, appena sotto la clavicola.
Viene solitamente impiantato durante un intervento chirurgico relativamente semplice, e una volta inserito, richiede controlli regolari per assicurarsi che funzioni correttamente.
Quanti tipi di pacemaker esistono?
Ci sono diversi tipi di pacemaker, progettati per adattarsi alle esigenze specifiche dei pazienti e alle condizioni cardiache trattate.
Ecco i principali:
- a camera singola o monocamerale – ha un solo elettrodo posizionato in una delle camere del cuore, solitamente nel ventricolo destro. È utilizzato principalmente per trattare la bradicardia e altre condizioni che coinvolgono una sola camera cardiaca;
- a camera doppia o bicamerale – ha due elettrodi, uno posizionato nell’atrio e l’altro nel ventricolo del cuore, ed è in grado di monitorare e coordinare il ritmo cardiaco sia nell’atrio che nel ventricolo, migliorando così la sincronizzazione delle contrazioni cardiache;
- biventricolare – è utilizzato specificamente per la terapia di resincronizzazione cardiaca (Cardiac Resynchronization Therapy o CRT) nei pazienti con insufficienza cardiaca congestizia avanzata e ritmo cardiaco irregolare. Invia impulsi elettrici simultanei ai ventricoli destro e sinistro del cuore, sincronizzando le contrazioni dei due ventricoli per migliorare la funzione cardiaca globale, ed è particolarmente utile nei pazienti con blocco di branca sinistra o altri disturbi della conduzione che causano una contrazione non sincronizzata dei ventricoli. La CRT può migliorare i sintomi dell’insufficienza cardiaca, ridurre il ricovero in ospedale e migliorare la sopravvivenza nei pazienti selezionati;
- rate-responsive – è in grado di rilevare i cambiamenti nella frequenza cardiaca del paziente in base all’attività fisica o all’esercizio e regolare di conseguenza la frequenza degli impulsi elettrici inviati al cuore. Questo aiuta a garantire che il ritmo cardiaco si adatti alle esigenze del paziente durante l’attività fisica.
Oltre a questi, ci sono anche pacemaker più specializzati progettati per trattare condizioni specifiche o per fornire funzionalità aggiuntive, come la registrazione dei dati remoti o la terapia di resincronizzazione cardiaca per pazienti con insufficienza cardiaca. La scelta del tipo di pacemaker dipende dalle esigenze individuali del paziente e dalla valutazione del medico specialista in cardiologia.
Quando si utilizza?
Il pacemaker viene utilizzato principalmente per trattare condizioni in cui il ritmo cardiaco è irregolare o troppo lento, le cosiddette aritmie.
Durante un’aritmia, il cuore può battere troppo velocemente, troppo lentamente o con un ritmo irregolare, e potrebbe non essere in grado di pompare abbastanza sangue nel corpo, causando sintomi come affaticamento, mancanza di respiro o svenimento.
Gravi aritmie possono danneggiare gli organi vitali del corpo e possono anche causare la perdita di conoscenza o la morte.
Ecco alcune delle situazioni in cui può essere necessario un pacemaker:
- bradicardia – un battito cardiaco troppo lento, che può causare stanchezza, svenimenti o altri sintomi;
- blocco cardiaco – un’interferenza nel sistema elettrico del cuore che rallenta o interrompe la trasmissione degli impulsi elettrici attraverso il cuore;
- sindrome del nodo del seno malato – una condizione in cui il nodo del seno, che controlla il ritmo cardiaco, non funziona correttamente;
- tachicardia e altri disturbi del ritmo cardiaco – in alcuni casi, il pacemaker può anche essere utilizzato per trattare tachicardie (battito cardiaco troppo veloce) o altri disturbi del ritmo cardiaco, se altri trattamenti non hanno avuto successo.
Un pacemaker può alleviare alcuni sintomi dell’aritmia, ma può anche aiutare una persona che ha ritmi cardiaci anormali a riprendere uno stile di vita più attivo.
Come funziona?
Abbiamo detto che il pacemaker serve a regolare il battito cardiaco dei pazienti affetti da patologie cardiache, senza il quale rischierebbero problemi più o meno gravi, fino a un possibile decesso.
Ma come funziona, praticamente?
Il pacemaker funziona inviando impulsi elettrici al cuore per controllare il suo ritmo; una lieve scossa elettrica, se vogliamo, ovviamente tarata sulle reali esigenze del paziente.
Il medico inserisce, tramite un intervento chirurgico ormai di routine, il pacemaker sotto pelle, appena sotto la clavicola (o, eventualmente, nell’addome) e lo collega al cuore con piccoli fili, detti elettrocateteri.
L’elettrostimolazione favorisce la contrazione dei muscoli cardiaci, migliorando l’afflusso di sangue nel nostro organismo.
Nel dettaglio, ecco come funziona.
- Sensore di ritmo: il pacemaker è dotato di un sensore che monitora costantemente il ritmo cardiaco del paziente.
- Rilevamento del battito cardiaco: se rileva che il cuore del paziente sta battendo troppo lentamente o se c’è un’interruzione nel normale ritmo cardiaco, il dispositivo entra in azione.
- Generazione di impulsi: il dispositivo genera impulsi elettrici che vengono inviati attraverso elettrodi (sottili fili) al cuore; questi elettrodi sono collegati al cuore e possono essere posizionati in una o più camere cardiache, a seconda delle necessità del paziente.
- Stimolazione cardiaca: gli impulsi elettrici stimolano le cellule cardiache a contrarsi nel modo corretto, ripristinando il ritmo cardiaco normale.
- Regolazione della frequenza: in alcuni modelli, la frequenza degli impulsi può essere regolata in base alle esigenze del paziente; ad esempio, può aumentare la frequenza degli impulsi durante l’attività fisica per garantire un adeguato flusso di sangue e ossigeno ai tessuti.
- Monitoraggio e adattamento: il dispositivo monitora costantemente l’attività cardiaca del paziente e può adattare la sua funzione in base alle variazioni nel ritmo cardiaco o alle esigenze individuali del paziente.
In alcuni casi, ad esempio in seguito a un attacco cardiaco, può essere necessario l’utilizzo di un pacemaker ma per un breve periodo di tempo; in questi casi, quindi, si evita l’impianto sotto pelle, e si utilizza un tipo di dispositivo esterno.
A cosa serve?
Come accennato, il pacemaker viene utilizzato per il trattamento delle aritmie, quindi di battiti del cuore troppo lenti, troppo veloci o irregolari, ed evitare, così, effetti più o meno gravi sul nostro organismo.
Nello specifico, attraverso l’installazione di questo apparecchio si interviene per:
- accelerare un ritmo cardiaco lento – in presenza di bradicardia, il pacemaker può intervenire inviando impulsi elettrici al cuore per aumentare la frequenza dei battiti cardiaci. Questo è particolarmente importante per garantire che il corpo riceva un adeguato flusso di sangue e ossigeno;
- aiutare a controllare un ritmo cardiaco anormale o accelerato – oltre a trattare la bradicardia, il dispositivo può essere programmato per controllare anche un ritmo cardiaco anormalmente veloce, come la tachicardia. In queste situazioni, può fornire impulsi elettrici per stabilizzare il ritmo cardiaco entro i limiti sicuri;
- intervenire in caso di fibrillazione atriale – sebbene non sia di per sé un trattamento primario per la fibrillazione atriale, può essere utilizzato in combinazione con altri dispositivi come i defibrillatori impiantabili per gestire i sintomi e prevenire complicazioni, fornendo un ritmo cardiaco regolare quando necessario;
- coordinare la segnalazione elettrica tra le camere superiore e inferiore del cuore – in alcune condizioni, la comunicazione elettrica tra le camere superiori (atri) e inferiori (ventricoli) del cuore può essere compromessa. Il pacemaker può intervenire per coordinare questa comunicazione, assicurando che le contrazioni cardiache avvengano in modo sincronizzato e efficace;
- coordinare la segnalazione elettrica tra i ventricoli – nei pazienti con disturbi della conduzione che coinvolgono solo i ventricoli, il dispositivo può essere programmato per garantire che i ventricoli si contraggano in modo coordinato e sincronizzato, migliorando così la funzione cardiaca complessiva;prevenire pericolose aritmie causate da un disturbo chiamato sindrome del QT lungo – si tratta di una patologia cardiaca ereditaria rara che può predisporre a pericolose aritmie ventricolari. Il pacemaker può essere utilizzato in combinazione con altri trattamenti per gestire questa condizione, garantendo che il ritmo cardiaco rimanga stabile e sicuro.
Oltre a intervenire nel trattamento delle aritmie, i più moderni pacemaker ricoprono anche un ruolo importantissimo nell’acquisizione di dati.
Ad esempio, possono monitorare e registrare l’attività elettrica e il ritmo cardiaco del cuore, la temperatura del sangue, la frequenza respiratoria e altri fattori. Possono, inoltre, regolare la frequenza cardiaca in base ai cambiamenti nella tua attività.
Chi lo deve utilizzare?
Il pacemaker è raccomandato per le persone che soffrono di determinate condizioni cardiache che causano un ritmo cardiaco irregolare o troppo lento e che non possono essere trattate efficacemente con altri metodi, in particolare ai pazienti affetti da bradicardia e/o in seguito a un blocco cardiaco.
Quest’ultimo può verificarsi a causa dell’invecchiamento, del danno al cuore dovuto a un infarto o di altre condizioni che interrompono l’attività elettrica del cuore. Alcuni disturbi nervosi e muscolari possono anche causare blocco cardiaco, inclusa la distrofia muscolare.
Altre condizioni nelle quali il medico può valutare l’impiego di un pacemaker sono le seguenti:
- Sindrome del seno malato: questa è una condizione caratterizzata da un malfunzionamento del nodo del seno, il pacemaker naturale del cuore; si manifesta di solito in età avanzata e può portare a sintomi come stanchezza, vertigini e svenimenti a causa di un ritmo cardiaco irregolare o troppo lento. Un pacemaker può essere raccomandato per garantire un ritmo cardiaco stabile e adatto.
- Fibrillazione atriale: dopo un trattamento per la fibrillazione atriale, un paziente può ancora sperimentare episodi di battito cardiaco irregolare; in questi casi, un pacemaker può essere utile nel fornire un ritmo cardiaco regolare e controllato, riducendo i sintomi associati e migliorando la qualità della vita.
- Assunzione di beta-bloccanti: alcuni farmaci per il cuore, come i beta-bloccanti, possono abbassare la frequenza cardiaca; se l’effetto di questi farmaci porta a una bradicardia sintomatica, il medico potrebbe raccomandare l’uso di un dispositivo per mantenere un ritmo cardiaco adeguato.
- Svenimenti o altri sintomi di battito cardiaco lento: se un paziente sperimenta episodi di svenimento o altri sintomi associati a un battito cardiaco troppo lento, il medico può valutare l’opportunità di un pacemaker per garantire una corretta circolazione del sangue e prevenire complicazioni.
- Problemi al muscolo cardiaco: condizioni che influenzano la conducibilità elettrica attraverso il muscolo cardiaco, come cardiomiopatia o infarto miocardico, possono richiedere l’uso di questo tipo di dispositivo per coordinare la contrazione del cuore e mantenere un ritmo cardiaco regolare.
- Sindrome del QT lungo: come accennato prima, questa è una condizione ereditaria che aumenta il rischio di aritmie pericolose; un pacemaker può essere utilizzato in combinazione con altri trattamenti per stabilizzare il ritmo cardiaco e ridurre il rischio di complicazioni gravi.
Sarà il medico specializzato in cardiologia a stabilire quando e se procedere all’inserimento di un pacemaker.
Che tipo di anestesia viene eseguita per impiantare un pacemaker?
Per l’impianto di un pacemaker, di solito viene eseguita un’anestesia locale. Questo significa che la zona dove verrà praticata l’incisione per inserire il dispositivo viene intorpidita utilizzando un’anestesia locale, che può essere in forma di iniezione o di crema anestetica.
In alcuni casi, particolarmente se il paziente è ansioso o se l’intervento è più complesso, può essere somministrata anche un’anestesia leggera o sedazione per via endovenosa, che induce una sensazione di sonnolenza e rilassamento durante l’intervento. Tuttavia, la maggior parte degli impianti di pacemaker viene eseguita con l’anestesia locale, consentendo al paziente di rimanere sveglio e cosciente.
È importante discutere con il proprio medico l’opzione migliore di anestesia in base alle proprie esigenze e alla procedura specifica che verrà eseguita.
Che problemi può dare il pacemaker?
Sebbene i pacemaker siano dispositivi medici sicuri ed efficaci, possono comportare alcuni rischi e complicazioni.
Ecco alcuni dei potenziali problemi associati all’uso di questo tipo di dispositivo:
- infezione – l’impianto comporta il rischio di infezione nella zona in cui il dispositivo viene inserito. Sebbene sia relativamente raro, l’infezione può verificarsi durante l’intervento chirurgico o in seguito, e può richiedere l’uso di antibiotici o addirittura la rimozione del dispositivo;
- ematoma o sanguinamento – durante l’intervento chirurgico può verificarsi un’emorragia o la formazione di un ematoma (accumulo di sangue) nella zona dell’incisione. Sebbene di solito non sia grave, può richiedere un intervento medico;
- problemi con il posizionamento degli elettrodi – gli elettrodi possono spostarsi o non essere posizionati correttamente durante l’impianto, il che potrebbe influire sul funzionamento del dispositivo. Questo può richiedere un intervento aggiuntivo per riposizionarli;
- malfunzionamento – anche se è raro, i pacemaker possono funzionare in modo inefficace. Ciò potrebbe includere la perdita di connessione degli elettrodi, problemi con il generatore di impulsi o altri problemi tecnici. In caso di malfunzionamento, può essere necessaria una valutazione medica immediata e/o la sostituzione del dispositivo;
- complicazioni legate all’anestesia – possono verificarsi complicazioni associate a questa procedura, come reazioni allergiche, problemi respiratori o reazioni avverse ai farmaci;
- interferenze elettromagnetiche – alcune apparecchiature elettroniche o ambienti con campi elettromagnetici potrebbero interferire con il corretto funzionamento del pacemaker. È importante seguire le linee guida e le precauzioni consigliate dal medico per evitare situazioni che potrebbero influenzare il dispositivo.
È importante sottolineare che, anche se queste complicazioni possono verificarsi, la maggior parte dei pazienti con pacemaker vive una vita normale senza problemi significativi.
Tuttavia, è fondamentale che i pazienti ai quali è stato impiantato siano consapevoli dei potenziali rischi e monitorino regolarmente il loro dispositivo sotto la supervisione di un medico specialista.