Cosa misura il test del sangue occulto nelle feci

da | Dic 17, 2025 | Salute

La prevenzione oncologica dispone oggi di strumenti non invasivi capaci di intercettare segnali precoci di malattia, spesso prima ancora che si manifestino sintomi evidenti. Tra questi, l’esame per la ricerca del sangue occulto nelle feci (SOF) ricopre un ruolo centrale nelle strategie di sanità pubblica, rappresentando il primo livello di screening per il tumore del colon-retto.  

Questa neoplasia si conferma una delle sfide sanitarie più rilevanti nel nostro Paese: le stime più recenti, riportate nel rapporto “I numeri del cancro in Italia 2024”, indicano per l’anno in corso circa 48.706 nuove diagnosi, con un’incidenza che riguarda uomini e donne in misura quasi equivalente.

Nonostante il significativo impatto clinico, che ha visto registrare oltre 24.200 decessi nel 2022, l’adesione ai programmi di diagnosi precoce offre una concreta opportunità di cambiare la storia naturale della malattia. 

tumore al colon retto

Il test del sangue occulto non serve infatti solo a individuare forme tumorali in stadio iniziale, ma permette di intercettare lesioni precancerose, come i polipi, la cui tempestiva asportazione interrompe la catena che porta alla degenerazione maligna. 

Questo esame, semplice e privo di rischi diretti per il paziente, agisce come un fondamentale “campanello d’allarme” per identificare tracce ematiche microscopiche, altrimenti invisibili, indirizzando i casi positivi verso approfondimenti diagnostici decisivi che possono ridurre la mortalità in modo significativo.

Che cos’è esattamente il sangue occulto?

Con l’aggettivo “occulto” si fa riferimento a tracce di sangue presenti nelle feci in quantità talmente piccole da non essere visibili a occhio nudo

Questa caratteristica lo distingue nettamente dal sangue rosso vivo e visibile (condizione nota come rettorragia), che può essere sintomo di altre problematiche. 

La ricerca del sangue occulto è mirata a identificare sanguinamenti minimi e intermittenti che possono originare dal tratto gastrointestinale, spesso primo e unico segnale di una lesione in fase iniziale.

A cosa serve il test?

Il test per il sangue occulto nelle feci si pone due obiettivi principali e strettamente correlati, ovvero:

  1. screening per il tumore del colon-retto: l’obiettivo primario del test SOF è identificare precocemente il tumore del colon-retto. In Italia, lo screening è offerto attivamente a uomini e donne di età compresa tra i 50 e i 69 anni, con alcune Regioni che hanno esteso l’invito fino ai 74 anni. Questa coorte di popolazione è targetizzata perché è la fascia d’età in cui l’incidenza della patologia inizia ad aumentare in modo significativo, rendendo lo screening di massa l’intervento più costo-efficace dal punto di vista epidemiologico. Il protocollo prevede l’esecuzione del test ogni due anni;
  2. individuazione e rimozione di polipi intestinali precancerosi: un secondo obiettivo, altrettanto cruciale, è intercettare le lesioni che precedono lo sviluppo del tumore. I polipi adenomatosi sono escrescenze che possono formarsi sulla parete interna del colon e del retto. Sebbene molti rimangano benigni, alcuni possono evolvere in tumore nell’arco di anni. L’identificazione di un sanguinamento occulto può portare alla loro scoperta e rimozione tramite colonscopia, interrompendo così la progressione verso la malattia e svolgendo un’azione di prevenzione a tutti gli effetti.

Per raggiungere questi obiettivi a livello di popolazione, i programmi di screening si affidano a tecnologie di analisi in continua evoluzione, progettate per massimizzare la precisione e semplificare la partecipazione.

Tipologie di esame

Nel panorama diagnostico attuale, la ricerca del sangue occulto nelle feci non si affida a un’unica metodologia

Esistono due approcci principali che differiscono sostanzialmente per il meccanismo di rilevazione e per l’accuratezza clinica: il test al guaiaco (gFOBT) e il test immunochimico fecale (FIT)

Il test al guaiaco (gFOBT)

Questa metodologia, storicamente la più utilizzata in passato, si basa su una reazione chimica. Il test rileva la presenza del gruppo “eme”, la componente non proteica dell’emoglobina. Tuttavia, questa tecnica presenta dei limiti intrinseci legati alla sua aspecificità

Il reagente al guaiaco non è in grado di distinguere tra sangue umano e sangue animale, né di discriminare tra un sanguinamento proveniente dal colon e uno originato dalla parte superiore dell’apparato digerente (come stomaco o esofago), poiché il gruppo eme resiste alla degradazione intestinale.

Inoltre, la reazione chimica può essere innescata anche da sostanze vegetali contenenti perossidasi. Di conseguenza, questo esame risulta suscettibile a numerose interferenze alimentari (carne rossa, alcuni vegetali) e farmacologiche, che possono generare falsi positivi, costringendo il paziente a rigide restrizioni dietetiche nei giorni precedenti la raccolta.

Il test immunochimico fecale (FIT)

Il test immunochimico rappresenta oggi l’approccio raccomandato dalle autorità sanitarie e lo standard nei programmi di screening organizzati, come quelli attivi nelle varie regioni italiane. 

A differenza del metodo chimico, il FIT utilizza anticorpi specifici che reagiscono esclusivamente con l’emoglobina umana, in particolare con la componente proteica (globina).

Il grande vantaggio clinico di questa tecnologia risiede nella sua specificità per il tratto digestivo inferiore. Poiché la globina viene rapidamente digerita dagli enzimi dello stomaco e del piccolo intestino, un risultato positivo indica con elevata probabilità che il sanguinamento ha avuto origine nel colon o nel retto, escludendo quasi totalmente le emorragie del tratto gastrointestinale superiore.

Questa selettività elimina la necessità di restrizioni dietetiche: il paziente non deve modificare la propria alimentazione prima del test, poiché la carne o le verdure non interferiscono con la reazione immunologica. 

La maggiore sensibilità e l’assenza di falsi positivi legati alla dieta rendono il FIT lo strumento più affidabile per la diagnosi precoce delle lesioni colorettali.

Come prepararsi all’esame

Una corretta preparazione è essenziale per garantire l’affidabilità del risultato. Un risultato impreciso può infatti portare a due esiti negativi: esami di approfondimento non necessari o, peggio, una falsa sicurezza che ritarda una diagnosi cruciale. 

Le indicazioni relative alla preparazione pre-test variano però in base alla tipologia di test utilizzata.

  • Preparazione per il test al Guaiaco (gFOBT): come spiegato, questa metodica è ormai quasi completamente in disuso, ma qualora venisse ancora utilizzata è generalmente richiesto di seguire alcune restrizioni nei giorni precedenti la raccolta, tra cui:
    • evitare carne rossa o poco cotta, alcuni tipi di frutta e verdura ricchi di perossidasi (es. rape, ravanelli, broccoli) che possono causare falsi positivi;
    • sospendere, previo consulto medico, l’assunzione di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) come l’aspirina, che possono causare micro-sanguinamenti gastrointestinali;
    • evitare integratori di Vitamina C, che possono interferire con la reazione chimica e produrre un risultato falsamente negativo.
  • Preparazione per il Test Immunochimico (FIT): come accennato prima, grazie alla sua alta specificità per l’emoglobina umana, il test FIT non richiede alcuna restrizione dietetica o farmacologica. Questa semplicità lo rende molto più agevole e contribuisce a ridurre il tasso di risultati errati dovuti a una preparazione inadeguata.

È comunque fondamentale attenersi sempre alle istruzioni specifiche fornite dal proprio centro di screening

Come raccogliere il campione di feci?

La corretta esecuzione della raccolta è il primo passo fondamentale per garantire l’affidabilità dell’analisi. 

Le modalità possono variare leggermente a seconda del kit specifico fornito dalla struttura sanitaria o acquistato in farmacia, ma la procedura standardizzata per il test immunochimico (FIT) prevede alcuni passaggi chiave per evitare la contaminazione o il deterioramento del campione:

  • preparazione e precauzioni preliminari: è essenziale evitare che le feci entrino in contatto con l’acqua del water o con l’urina, poiché ciò potrebbe alterare i risultati. Si consiglia pertanto di urinare prima di procedere alla defecazione. Per raccogliere le feci mantenendole asciutte, si può utilizzare un contenitore pulito (come una padella da letto o una vaschetta di plastica), oppure disporre più strati di carta igienica all’interno del water per creare una superficie d’appoggio asciutta;
  • esecuzione del prelievo: il dispositivo di raccolta è solitamente costituito da una provetta contenente un liquido conservante e dotata di un tappo a cui è fissata un’asticella o spatola. La procedura prevede di:
    • svitare il tappo, facendo attenzione a non rovesciare il liquido presente nel tubo;
    • utilizzare l’asticella per prelevare una piccola quantità di feci. Le istruzioni tecniche suggeriscono di strisciare l’asticella in più punti (generalmente 3 o 4) sulla superficie delle feci, oppure di effettuare movimenti incrociati (orizzontali e verticali). Questo accorgimento permette di ottenere un campione rappresentativo, dato che il sangue potrebbe non essere distribuito uniformemente;
    • è sufficiente che le scanalature o la punta dell’asticella siano ricoperte di materiale fecale, non bisogna riempire eccessivamente il contenitore.
  • chiusura: una volta completato il prelievo, l’asticella va reinserita nella provetta, avvitando il tappo fino alla completa chiusura. Successivamente, è opportuno agitare il contenitore (vigorosamente o gentilmente a seconda delle specifiche del kit) per favorire la miscelazione del campione con il liquido conservante;
  • conservazione: il campione così preparato deve essere conservato in un luogo fresco, preferibilmente in frigorifero (tra 2°C e 8°C), lontano dalla luce diretta e dalla portata dei bambini, fino al momento della consegna al laboratorio o al centro di raccolta, che dovrebbe avvenire nei tempi indicati (spesso entro 24 ore o secondo le specifiche del programma di screening).

La raccolta di pochi campioni può portare a risultati falsi negativi, specialmente perché il sanguinamento dei polipi o delle lesioni tumorali può essere intermittente e non uniformemente distribuito nelle feci; per questo si consiglia la raccolta di campioni in tre giorni distinti per aumentare la probabilità di rilevare il sangue.

In ogni caso, il medico o il responsabile del centro presso il quale si esegue il test fornirà tutte le informazioni del caso.

Quali sono i valori di riferimento? 

Il risultato del test del sangue occulto nelle feci può essere di due tipi, negativo o positivo.

Un risultato negativo indica che nel campione analizzato non sono state rilevate tracce di sangue. È l’esito più comune e, in assenza di altri sintomi, il protocollo di screening prevede semplicemente di ripetere il test dopo due anni, come da programma nazionale.

Un risultato positivo, invece, indica la presenza di tracce di sangue nelle feci. È fondamentale comprendere, con un approccio rassicurante e non allarmistico, che un esito positivo non è una diagnosi di tumore. Significa unicamente che è stato rilevato un sanguinamento e che è necessario un approfondimento diagnostico per identificarne la causa.

Le cause di un sanguinamento possono infatti essere molteplici, e spesso non sono di natura neoplastica. Tra le più comuni troviamo:

  • cause benigne: emorroidi, ragadi anali, diverticoli, o anche semplici gengiviti con deglutizione di sangue;
  • cause patologiche: polipi intestinali (adenomi), malattie infiammatorie croniche dell’intestino (es. Morbo di Crohn) o, in una minoranza dei casi, una neoplasia.

Falsi positivi e falsi negativi

Nessun esame è perfetto al 100%, e il test del sangue occulto nelle feci non fa eccezione da questo punto di vista. Infatti, si possono verificare dei falsi positivi e dei falsi negativi:

  • falsi positivi: si verifica un falso positivo quando il test rileva la presenza di sangue anche se non ci sono polipi o tumori. Questo può accadere per diverse ragioni, come la presenza di emorroidi sanguinanti, l’uso di test al guaiaco senza aver seguito le restrizioni dietetiche, o contaminazioni durante la raccolta del campione (ad esempio, sangue mestruale). Sebbene possa generare ansia, un falso positivo porta a un esame di approfondimento che chiarirà la situazione;
  • falsi negativi: un falso negativo si verifica quando il test non rileva sangue nonostante la presenza di un polipo o di un tumore. Questo può succedere perché non tutte le lesioni sanguinano costantemente; alcune lo fanno solo a intermittenza. È per questa ragione che lo screening viene ripetuto a intervalli regolari: la ripetizione periodica aumenta significativamente la probabilità di intercettare un sanguinamento prima che la lesione evolva.

Cosa succede dopo un test positivo?

Un test SOF positivo può generare preoccupazione, ma è importante considerare questo evento non come un allarme, bensì come l’attivazione di un percorso diagnostico strutturato e previsto, finalizzato a raggiungere una diagnosi definitiva. 

Il percorso prevede un esame di secondo livello per la conferma diagnostica: la colonscopia.

Colonscopia

La colonscopia è un esame che permette di visualizzare direttamente l’intera superficie interna del colon e del retto. Il suo valore è duplice:

  1. valore diagnostico: permette di identificare con precisione la fonte e la natura del sanguinamento, che si tratti di un’emorroide, un polipo o una lesione più seria;
  2. valore terapeutico e preventivo: durante la stessa procedura, il medico può rimuovere eventuali polipi (adenomi) riscontrati. Questa operazione (polipectomia) interrompe sul nascere il potenziale percorso di trasformazione di un adenoma in carcinoma.

La colonscopia rappresenta quindi il completamento logico del test di screening, trasformando un sospetto in una diagnosi certa e, spesso, in un intervento sia terapeutico che preventivo.

Perché non bisogna temere questo esame?

Il test per la ricerca del sangue occulto nelle feci è uno strumento di prevenzione semplice, non invasivo ed efficace, un pilastro della strategia di sanità pubblica contro il tumore del colon-retto. È un esame che non va temuto, ma compreso nel suo ruolo strategico di guardiano della nostra salute.

Il messaggio chiave è chiaro: un esito positivo non è una condanna, ma l’inizio di un percorso controllato e guidato dal Servizio Sanitario Nazionale

Nella stragrande maggioranza dei casi, questo percorso porta alla diagnosi di lesioni benigne o di patologie in fase molto precoce, con altissime probabilità di guarigione completa.

Aderire allo screening è quindi un investimento concreto per la propria salute futura.

Ricordiamo agli iscritti al Fondo Enfea Salute che il Piano Sanitario prevede il pagamento delle spese per le diverse prestazioni extraospedaliere, tra cui anche la Pancolonscopia diagnostica (o colonscopia). Per tutti i dettagli, invitiamo a consultare il nostro sito web.  

Domande Frequenti (FAQ)

1. Cosa misura esattamente il Test del Sangue Occulto nelle Feci?

Il test SOF (Sangue Occulto nelle Feci) è un esame di laboratorio che rileva quantità di sangue nelle feci troppo piccole per essere viste a occhio nudo. Questo può indicare la presenza di sanguinamento in qualsiasi punto dell’apparato digerente (a seconda del tipo di test), causato da ulcere, polipi, tumori o altre anomalie.

2. Qual è l’obiettivo principale del test SOF?

L’obiettivo principale del test SOF è lo screening per la diagnosi precoce di lesioni precancerose (polipi) o tumori (neoplasia) nel tratto gastro-intestinale, in particolare il tumore al colon-retto. La diagnosi precoce può aumentare significativamente le possibilità di trattamento e guarigione e può ridurre la mortalità per tumore al colon-retto fino al 20%.

3. Perché il sangue nelle feci è considerato “occulto” e non visibile?

Il sangue è definito “occulto” perché le quantità presenti nelle feci sono eccessivamente piccole e non sono sufficienti a modificarne l’aspetto o il colore, rendendole invisibili a occhio nudo. Tali piccole tracce ematiche possono essere rilevate solo attraverso specifici esami chimici o immunologici di laboratorio.

4. L’esame SOF può diagnosticare un tumore al colon?

L’esame SOF può solo evidenziare la presenza o l’assenza di sangue, ma non indicarne la causa. In caso di positività, il test funge da “campanello d’allarme” che richiede un accertamento più specifico, come la colonscopia.

5. Qual è la differenza tra il test G-FOBT (chimico) e il test FIT (immunochimico)?

Il test al guaiaco (G-FOBT) utilizza una sostanza chimica (guaiaco) per rilevare la porzione non proteica dell’emoglobina (gruppo eme). Il test immunochimico fecale (FIT), invece, utilizza anticorpi per individuare l’emoglobina umana (la proteina globina). I FIT sono generalmente più accurati.

6. Quale dei due tipi di test (G-FOBT o FIT) viene utilizzato nei programmi di screening nazionali?

Il Test Immunochimico Fecale (FIT) è il metodo raccomandato e preferito dalla maggior parte delle linee guida mediche per lo screening del tumore del colon-retto. Il FIT è considerato più accurato e non richiede restrizioni dietetiche o farmacologiche, a differenza del test al guaiaco.

7. Come funziona il test immunochimico (FIT)?

Il test FIT funziona utilizzando anticorpi specifici diretti contro l’emoglobina umana presente nei globuli rossi, in particolare la porzione proteica (globina). Questo test rileva il sangue proveniente solo dal tratto inferiore dell’intestino (colon).

8. Il test del Sangue Occulto nelle Feci richiede una dieta specifica?

L’esame FIT, che è il metodo preferito per lo screening, non richiede restrizioni alimentari. Solo i test chimici meno recenti (G-FOBT) possono richiedere di evitare alcuni cibi come carne rossa o rape, che potrebbero causare falsi positivi.

9. È necessario sospendere farmaci prima di eseguire il test?

Per l’esame FIT non sono richieste restrizioni farmacologiche. Tuttavia, per i test al guaiaco (meno recenti) o in generale, si consigliava di evitare farmaci che possono causare sanguinamento gastrointestinale, come aspirina o anticoagulanti, e l’assunzione di vitamina C.

10. Come si esegue il prelievo del campione a casa?

Il campione deve essere raccolto su una superficie asciutta e pulita (es. carta igienica o padella da letto), evitando contaminazioni da urina o acqua. Si striscia l’asticella del contenitore sulle feci in più punti (generalmente 4) per ricoprire le scanalature. Per aumentare l’affidabilità, potrebbero essere richiesti tre campioni in giorni diversi.

11. In presenza di emorroidi sanguinanti o mestruazioni, si può eseguire il test?

No, la raccolta delle feci è sconsigliata e non deve essere eseguita durante il ciclo mestruale o in presenza di sanguinamenti evidenti, come emorroidi sanguinanti o altre perdite. Il sanguinamento visibile contaminerebbe il campione e altererebbe il risultato del test.

12. Cosa significa un risultato positivo al test SOF?

Un risultato positivo significa che sono state rilevate tracce di sangue nelle feci. In media, circa 5 persone su 100 risultano positive. La positività richiede l’esecuzione di esami più specifici, in particolare una colonscopia, per determinarne l’origine.

13. Un risultato positivo indica sempre la presenza di un tumore?

No, la positività al test non indica necessariamente la presenza di tumori o polipi intestinali e non deve creare allarme. Il sangue occulto può dipendere da cause meno gravi, come emorroidi, ragadi anali, diverticoli o ulcere.

14. Cosa significa un risultato negativo?

Un risultato negativo è l’esito normale del test e significa che non sono state rilevate tracce di sangue nelle feci. Tuttavia, un esito negativo non esclude con assoluta certezza la presenza di polipi o tumori, specialmente se il sanguinamento è intermittente (falso negativo). Per questo è importante ripetere il test con regolarità ogni due anni.

ATTENZIONE:
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