Lombosciatalgia: cause, sintomi e trattamenti

da | Set 24, 2025 | Salute

La lombosciatalgia, anche nota come “sciatica”, è una delle condizioni dolorose più diffuse e, allo stesso tempo, più fraintese

Molte persone, infatti, la confondono con un semplice mal di schiena, ma si tratta di un disturbo specifico con cause, sintomi e percorsi di cura ben definiti. 

Questa condizione è estremamente comune; si stima che addirittura circa il 70% della popolazione ne soffre almeno una volta nel corso della vita.  

Fortunatamente, la prognosi per un episodio acuto è spesso benigna, e nella maggior parte dei casi la sintomatologia tende a risolversi spontaneamente entro 4-6 settimane con un trattamento adeguato.

Proviamo a fare chiarezza sulla natura di questa condizione, sulle sue varianti e sulla sua diffusione, per comprendere il disturbo e orientarsi verso le soluzioni più appropriate.

Cos’è la lombosciatalgia?

La lombosciatalgia è una sindrome dolorosa che ha origine nella parte bassa della schiena (la zona lombare) e si irradia lungo il percorso del nervo sciatico, interessando uno o entrambi gli arti inferiori. 

Il meccanismo alla base del dolore è duplice: 

  • da un lato, una compressione meccanica esercitata direttamente su una o più radici nervose spinali; 
  • dall’altro, un’infiammazione di queste stesse radici, spesso scatenata dal contatto con materiali provenienti dal disco intervertebrale.

Ma come si distingue da un semplice mal di schiena? Il dolore sciatico ha caratteristiche peculiari che lo distinguono da un comune dolore muscolare, perché risulta:

  • intenso e penetrante;
  • acuto e lancinante;
  • simile a un forte crampo o a una scossa elettrica.

Questa sensazione dolorosa si distribuisce lungo il territorio di innervazione della radice nervosa coinvolta, seguendo un percorso ben definito lungo la gamba.

Differenza tra lombalgia, lombosciatalgia e lombocruralgia

Spesso si fa confusione tra condizioni dolorose simili, anche a causa del fatto che hanno nomi quasi identici, ma che si differenziano tra loro e richiedono interventi differenti. 

Ci riferiamo, in particolare, a:

  • lombalgia: è un dolore localizzato esclusivamente nella parte inferiore della schiena, nella zona lombosacrale. Comunemente definito “mal di schiena”, non prevede irradiazione agli arti inferiori;
  • lombosciatalgia: è un dolore che, oltre a interessare la zona lombare, si irradia nella parte posteriore o laterale della coscia, della gamba e può arrivare fino al piede. Segue il percorso del nervo sciatico, che origina dalle radici nervose L5 e S1;
  • lombocruralgia: è una condizione in cui il dolore si irradia nella parte anteriore della coscia, seguendo il decorso del nervo femorale (o crurale), che origina dalle radici nervose L4 e superiori.

Quindi, quando si parla di lombosciatalgia, o sciatica nel linguaggio comune, si fa riferimento a un dolore che parte dalla zona lombare, interessa il nervo sciatico e si irradia lungo tutta gamba.

Le cause della lombosciatalgia

Identificare la causa scatenante della lombosciatalgia è cruciale per impostare un trattamento mirato e una prevenzione efficace a lungo termine. 

Le origini del disturbo possono spaziare da problemi meccanici della colonna vertebrale a fattori legati allo stile di vita, che aumentano la vulnerabilità delle strutture spinali.

Come accennato prima, indipendentemente dalla causa specifica, il dolore sciatico è il risultato di un duplice meccanismo che agisce sulle radici nervose

Si tratta di una combinazione di un fattore meccanico e di un fattore infiammatorio

Fattore meccanico

Si tratta della compressione fisica diretta esercitata sulla radice nervosa da una struttura anomala, come il materiale fuoriuscito da un’ernia del disco

Questa pressione non solo deforma le fibre nervose, ma può anche ostacolare il microcircolo, causando sofferenza

Fattore infiammatorio

Il secondo fattore, quello infiammatorio, è la reazione biochimica che si scatena quando il nucleo polposo del disco, una sostanza normalmente isolata, entra in contatto con la radice nervosa

Il sistema immunitario riconosce questo materiale come “estraneo” e scatena una potente risposta infiammatoria, rilasciando mediatori chimici che irritano il nervo e generano un dolore intenso.

Non è un caso, quindi, che la causa più frequente di lombosciatalgia sia proprio l’ernia del disco intervertebrale.

Altre possibili cause

Sebbene l’ernia del disco sia la causa principale, altre condizioni degenerative o strutturali della colonna possono provocare sintomi simili, restringendo lo spazio disponibile per le radici nervose. 

Tra queste troviamo:

  • stenosi spinale: un restringimento del canale vertebrale, spesso dovuto a processi artrosici, che riduce lo spazio per le strutture nervose;
  • spondilolistesi: lo scivolamento di una vertebra su quella sottostante, che può alterare l’anatomia del canale spinale e dei forami da cui escono i nervi;
  • osteoartrosi vertebrale: l’usura delle faccette articolari, le piccole articolazioni posteriori della colonna, può portare alla formazione di escrescenze ossee (osteofiti) che possono comprimere le radici nervose;
  • patologie maggiori: in casi rari, la lombosciatalgia può essere un sintomo di condizioni più gravi come tumori, infezioni o fratture vertebrali. È compito del medico escludere queste cause durante il processo diagnostico.

I fattori di rischio: stile di vita, lavoro e predisposizione individuale

Diversi fattori possono aumentare la probabilità di sviluppare una lombosciatalgia, agendo come catalizzatori dei processi degenerativi della colonna.

Nello specifico:

  • stile di vita: la sedentarietà riduce il tono muscolare che supporta la schiena, mentre l’obesità aumenta il carico meccanico sulla colonna lombare. Anche il fumo è un fattore di rischio, poiché compromette la microcircolazione e la nutrizione dei dischi intervertebrali;
  • attività lavorative e fisiche: lavori pesanti, il sollevamento ripetuto di carichi, le posture scorrette mantenute a lungo, le torsioni del tronco e i microtraumi sportivi possono accelerare l’usura dei dischi e favorire l’insorgenza di ernie;
  • fattori individuali: l’età è un fattore chiave, con un picco di incidenza tra i 30 e i 50 anni, quando i dischi sono ancora idratati ma iniziano a mostrare segni di usura. Esiste anche una certa predisposizione genetica alla degenerazione discale.

La comprensione di queste cause permette di capire come esse si manifestino attraverso una serie di sintomi caratteristici e riconoscibili.

Sintomi della lombosciatalgia: come riconoscerla

Saper riconoscere i sintomi della lombosciatalgia è cruciale non solo per identificare correttamente il problema, ma anche per comprendere la sua natura e capire quando è necessario consultare un medico con urgenza. 

La caratteristica distintiva della lombosciatalgia è la presenza di un dolore neuropatico, ovvero un dolore che nasce da un danno o un’irritazione diretta del nervo, a differenza del dolore cosiddetto “nocicettivo” di un semplice mal di schiena meccanico.

Il dolore radicolare

Il sintomo cardine della lombosciatalgia è il dolore radicolare. A differenza della lombalgia comune, che è spesso diffusa e mal localizzata, il dolore radicolare segue una distribuzione precisa.

La localizzazione del dolore può fornire al medico un indizio importante sulla radice nervosa coinvolta:

  • compressione della radice L5: il dolore si irradia tipicamente lungo la faccia postero-laterale della gamba, fino al dorso del piede e alle prime dita;
  • compressione della radice S1: il dolore percorre la faccia posteriore della coscia e della gamba, arrivando fino alla regione del tallone e al margine laterale del piede.

Disturbi associati

Oltre al dolore, l’irritazione di una radice nervosa causa altri sintomi neurologici tipici del dolore neuropatico, che il nervo non sta funzionando correttamente.

Ci riferiamo a: 

  • alterazioni della sensibilità: spesso si manifestano come formicolio (parestesie), sensazione di intorpidimento o ridotta sensibilità (ipoestesia), oppure sensazioni anomale come bruciore, caldo o freddo lungo il percorso del nervo;
  • debolezza muscolare (deficit di forza): nei casi più seri, può comparire una riduzione della forza in specifici gruppi muscolari. Questo può portare a difficoltà nel cammino, come l’incapacità di sollevare la punta del piede (piede cadente) o di camminare sulle punte;
  • alterazione dei riflessi: durante la visita medica, lo specialista può riscontrare una riduzione o la totale assenza di riflessi osteotendinei, come il riflesso rotuleo (ginocchio) o quello achilleo (caviglia), a seconda della radice coinvolta.

Quando preoccuparsi

In alcuni casi, la lombosciatalgia può essere il segnale di una patologia vertebrale più grave

I medici utilizzano il concetto di “semafori rossi” (red flags) per identificare i sintomi e i segni che richiedono un’indagine medica urgente, tra cui i seguenti:

  • febbre e brividi;
  • perdita di peso non giustificata;
  • un trauma recente e significativo;
  • storia clinica di tumore;
  • deficit neurologico che peggiora progressivamente.

La sindrome della cauda equina

Una condizione che rappresenta un’emergenza medica assoluta è la sindrome della cauda equina, causata da una compressione massiva delle ultime radici nervose del canale spinale (la cauda equina). Questa condizione richiede un intervento chirurgico immediato per prevenire danni neurologici permanenti. 

I suoi sintomi caratteristici sono inconfondibili e devono spingere a recarsi immediatamente in pronto soccorso:

  • disturbi sfinterici: ritenzione o incontinenza urinaria e/o fecale;
  • anestesia “a sella”: perdita di sensibilità nella regione perineale, genitale e nella parte interna delle cosce;
  • grave debolezza o paralisi a entrambi gli arti inferiori.

Una corretta diagnosi è fondamentale per distinguere i casi comuni, che hanno una prognosi favorevole, da quelli urgenti che richiedono un intervento tempestivo.

Come si esegue la diagnosi?

Il percorso per diagnosticare una lombosciatalgia è un processo strutturato che parte da un’accurata valutazione clinica. 

Contrariamente a quanto si possa pensare, gli esami strumentali come la risonanza magnetica non sono sempre il primo passo, ma vengono richiesti solo quando sono realmente necessari per confermare un sospetto clinico o pianificare un trattamento.

La visita medica

Il punto di partenza è sempre una visita specialistica, condotta da un ortopedico, un neurochirurgo o un fisiatra. Dopo aver raccolto la storia clinica del paziente, il medico indagherà sulle caratteristiche del dolore (insorgenza, localizzazione, intensità), sui fattori che lo scatenano o lo alleviano e sulla presenza dei segnali che possano suggerire una patologia più grave.

A questo punto, lo specialista valuta la postura, la mobilità della colonna vertebrale e conduce un esame neurologico completo per testare la sensibilità cutanea, la forza muscolare dei vari distretti della gamba e i riflessi osteotendinei.

I test clinici: la manovra di Lasègue

Durante l’esame obiettivo, il medico esegue specifici test clinici per evocare il dolore sciatico e confermare l’irritazione di una radice nervosa

Il più noto è la manovra di Lasègue (o Straight Leg Raising test, SLR). Durante questo test, il paziente è sdraiato sulla schiena e il medico solleva passivamente l’arto inferiore mantenendo il ginocchio esteso. Un risultato è considerato positivo se la manovra provoca la comparsa del tipico dolore irradiato lungo la gamba.

Dal punto di vista diagnostico, questo test ha un’alta sensibilità (riesce a identificare la maggior parte dei casi veri) ma una bassa specificità (un risultato positivo può verificarsi anche per altre cause). 

Di grande valore è invece il test di Lasègue controlaterale (o incrociato): se sollevando la gamba sana si scatena il dolore nella gamba affetta, il test è considerato altamente specifico (con una specificità dell’85-100%), fornendo una forte indicazione di ernia del disco.

Gli esami strumentali: quando sono necessari?

Come anticipato prima, gli esami strumentali di routine non sono raccomandati nelle fasi iniziali di una lombosciatalgia tipica. 

L’imaging diventa necessario solo in circostanze specifiche:

  • se i sintomi non migliorano dopo 4-6 settimane di trattamento conservativo;
  • se è presente un deficit motorio progressivo (la debolezza muscolare peggiora);
  • se si sospetta una patologia grave (es. infezione, tumore, frattura).

In questi casi, il medico può prescrivere:

  • Risonanza Magnetica (RM): è considerata l’esame di riferimento (gold standard) per la diagnosi di ernia del disco. Grazie alla sua capacità di visualizzare in dettaglio i tessuti molli, permette di identificare con precisione la localizzazione dell’ernia, il suo rapporto con le radici nervose e altre eventuali patologie del disco o del canale spinale;
  • Tomografia Computerizzata (TC): rappresenta la principale alternativa quando la RM è controindicata (ad esempio, in pazienti portatori di pacemaker o altri dispositivi metallici non compatibili).
  • Radiografia (RX): non permette di diagnosticare un’ernia del disco, poiché non visualizza i tessuti molli. Tuttavia, può essere utile per una valutazione generale dell’assetto della colonna, per evidenziare segni di artrosi, instabilità (come la spondilolistesi) o altre alterazioni ossee.
  • Elettromiografia (EMG): non è un esame di routine, ma viene riservato a casi selezionati per confermare la sofferenza funzionale di una radice nervosa e per aiutare nella diagnosi differenziale con altre patologie che colpiscono i nervi periferici (es. neuropatie).

Una volta ottenuta una diagnosi precisa e completa, è possibile definire il percorso terapeutico più appropriato per il paziente.

Trattamenti e rimedi: come affrontare la lombosciatalgia

La gestione della lombosciatalgia segue un approccio graduale e personalizzato

La strategia terapeutica rispecchia la duplice natura del problema: si interviene sulla componente infiammatoria con i farmaci e la fisioterapia, e sulla componente meccanica di compressione con la riabilitazione e, nei casi più seri, con la chirurgia

Le opzioni più invasive sono riservate solo ai casi che non rispondono alle cure iniziali o che presentano quadri clinici di particolare gravità.

L’approccio conservativo: la prima linea di intervento

Salvo la presenza di gravi deficit neurologici o della sindrome della cauda equina, il primo trattamento per la lombosciatalgia è sempre di tipo conservativo

L’obiettivo è ridurre il dolore e l’infiammazione, consentendo al corpo di avviare i suoi naturali processi di guarigione.

L’efficacia di alcuni farmaci è più consolidata di altri:

  • farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS): sono tra i farmaci più utilizzati per ridurre l’infiammazione e il dolore e sono raccomandati come prima linea;
  • cortisonici: grazie al loro potente effetto antinfiammatorio, vengono impiegati per brevi periodi nei casi di dolore intenso. Possono essere considerati, ma il loro uso deve essere limitato nel tempo;
  • antidolorifici oppioidi: il loro uso è riservato ai casi di dolore acuto e severo non controllato dagli altri farmaci, e sempre per un periodo di tempo limitato a causa dei potenziali effetti collaterali e del rischio di dipendenza;
  • miorilassanti, antidepressivi e anticonvulsivanti: sebbene vengano talvolta prescritti, le linee guida scientifiche specificano che non vi sono prove sufficienti a favore o contrarie al loro utilizzo specifico nella radicolopatia da ernia discale.

Contrariamente a quanto si possa pensare, però, il riposo a letto prolungato è sconsigliato. Le attuali raccomandazioni suggeriscono di limitare il riposo allo stretto necessario (massimo 1-2 giorni) nella fase acutissima del dolore e di riprendere le normali attività quotidiane il prima possibile, adattandole al livello di tollerabilità. 

Mantenersi attivi, infatti, previene l’indebolimento muscolare e favorisce una ripresa più rapida.

Non appena la fase più acuta del dolore si attenua, è fondamentale iniziare un percorso riabilitativo personalizzato. La fisioterapia ha diversi obiettivi:

  • ridurre l’infiammazione e il dolore tramite terapie fisiche;
  • correggere eventuali vizi posturali che sovraccaricano la colonna;
  • rinforzare progressivamente la muscolatura del tronco e dell’addome (core stability), che agisce come un corsetto naturale per stabilizzare la colonna vertebrale e ridurre il rischio di recidive.

Trattamenti interventistici: le infiltrazioni epidurali

Per i pazienti con dolore acuto e severo che non risponde adeguatamente alla terapia farmacologica orale, le infiltrazioni epidurali rappresentano un’opzione intermedia. 

Questa procedura consiste nell’iniettare una miscela di cortisonico e anestetico locale direttamente nello spazio epidurale, vicino alla radice nervosa infiammata. 

Lo scopo è quello di fornire un potente effetto antinfiammatorio mirato, riducendo rapidamente il dolore e consentendo al paziente di partecipare più efficacemente al programma riabilitativo.

Quando è necessario l’intervento chirurgico?

La chirurgia è un’opzione da considerare solo dopo il fallimento di un adeguato percorso di trattamento conservativo (durato almeno 6 settimane) o in presenza di indicazioni specifiche e non procrastinabili.

I criteri per cui si valuta l’opzione chirurgica sono ben definiti:

  • persistenza dei sintomi: il dolore e i disturbi associati persistono per più di 6 settimane nonostante le cure conservative;
  • dolore invalidante: il dolore è così intenso da non essere controllabile con i farmaci e compromette gravemente la qualità della vita;
  • deficit motorio: comparsa o peggioramento di una debolezza muscolare significativa (es. difficoltà a sollevare il piede);
  • sindrome della cauda equina: rappresenta un’indicazione chirurgica d’urgenza assoluta.

L’intervento di elezione per l’ernia del disco consiste nella decompressione della radice nervosa attraverso la rimozione del materiale erniato. La tecnica oggi considerata lo standard di riferimento è la microdiscectomia, un intervento mininvasivo eseguito con l’ausilio di un microscopio operatorio che permette di minimizzare il trauma sui tessuti e favorire un recupero più rapido.

Una volta superata la fase acuta, l’attenzione deve spostarsi sulla prevenzione, l’approccio più importante per garantire la salute della schiena a lungo termine.

È possibile prevenire la lombosciatalgia?

Non è sempre possibile evitare un episodio di lombosciatalgia, specialmente in presenza di una predisposizione individuale, ma adottare uno stile di vita sano e corrette abitudini quotidiane può ridurre significativamente il rischio di insorgenza, rallentare i processi di invecchiamento della colonna vertebrale e diminuire la probabilità di recidive.

Vediamo cosa fare.

1. Postura corretta

Mantenere una postura corretta durante le attività quotidiane è fondamentale per distribuire equamente il carico sulla colonna vertebrale.

  • da seduti: utilizzare una sedia ergonomica con un buon supporto lombare, appoggiando completamente la schiena allo schienale. Evitare di “scivolare” in avanti sulla sedia e fare pause frequenti per alzarsi e muoversi, specialmente se si lavora per molte ore al computer;
  • in piedi: quando si sta in piedi per periodi prolungati, è importante mantenere la parte bassa della schiena dritta, evitando di inarcarla eccessivamente.

2. Attività fisica e rinforzo muscolare

Un‘attività fisica costante e corretta è uno dei pilastri della prevenzione, e non solo per questo tipo di condizione.

Nello specifico, però, è cruciale eseguire esercizi mirati al rinforzo dei muscoli del tronco e addominali. Questi muscoli agiscono come un corsetto naturale, stabilizzando la colonna e proteggendola dai sovraccarichi.

Quali sport sono consigliati? Sono raccomandate attività a basso impatto come il camminare, il nuoto o il ciclismo, da praticare con regolarità per mantenere una buona mobilità e un adeguato tono muscolare.

3. Ergonomia e corrette abitudini quotidiane

Prestare attenzione a come si eseguono i movimenti di tutti i giorni può fare una grande differenza.

  • sollevare pesi: la tecnica corretta prevede di piegare le ginocchia e non la schiena, utilizzando la forza delle gambe per sollevare il carico. Il peso deve essere tenuto il più vicino possibile al corpo;
  • guidare: regolare il sedile in modo da utilizzare il supporto lombare e non guidare con le gambe completamente distese, che tende a far incurvare la schiena.

4. Mantenere un peso corporeo sano

Il sovrappeso e l’obesità aumentano significativamente il carico sulla colonna lombare, accelerando i processi degenerativi dei dischi intervertebrali e aumentando il rischio di lombalgia e lombosciatalgia. 

Mantenere un peso corporeo equilibrato attraverso una dieta sana e l’esercizio fisico è una strategia protettiva fondamentale.

Domande frequenti (FAQ)

Quanto tempo dura un attacco di lombosciatalgia?

La prognosi di un episodio acuto è generalmente favorevole. Nella maggior parte dei casi, i sintomi si attenuano progressivamente e si risolvono entro 4-6 settimane. Tuttavia, la durata può essere molto variabile. In una parte dei pazienti, la sintomatologia può diventare cronica, persistendo per oltre 12 settimane.

Quando è necessario preoccuparsi e rivolgersi al medico con urgenza? 

È fondamentale rivolgersi a un medico con urgenza in presenza di alcuni sintomi più gravi, come quelli della sindrome della cauda equina: ritenzione o incontinenza urinaria e/o fecale, perdita di sensibilità nella zona perineale e debolezza progressiva a entrambe le gambe. Altri segnali d’allarme includono febbre, perdita di peso ingiustificata e traumi recenti.

Cosa è consigliabile non fare durante un attacco di lombosciatalgia? 

Il riposo a letto prolungato non è raccomandato; è preferibile rimanere attivi, adattando le attività al livello del dolore. Si consiglia di evitare sforzi fisici intensi, il sollevamento di pesi e movimenti bruschi. È inoltre opportuno non mantenere posizioni fisse per lunghi periodi, come rimanere seduti a lungo, poiché aumenta il carico sulla colonna lombare.

Qual è la differenza tra un’ernia e una protrusione? 

Si parla di ernia discale quando una porzione localizzata di materiale discale fuoriesce dai suoi margini naturali. Questa si distingue in ernia protrusa, se la base del materiale fuoriuscito è più larga della sua sporgenza, ed ernia espulsa, se la sporgenza è maggiore della base.

È meglio applicare il caldo o il freddo sulla zona dolente? 

In genere si raccomanda l’applicazione di calore superficiale (ad esempio impacchi caldi o fasce auto-riscaldanti) come trattamento non farmacologico, specialmente per la lombalgia acuta o subacuta. Il calore ha un effetto analgesico e favorisce il rilassamento muscolare. 

ATTENZIONE:
Le informazioni qui riportate hanno carattere divulgativo e orientativo, non sostituiscono la consulenza medica. Eventuali decisioni che dovessero essere prese dai lettori, sulla base dei dati e delle informazioni qui riportati sono assunte in piena autonomia decisionale e a loro rischio.