Può capitare di avvertire la sensazione di bruciore allo stomaco o di acidità che risale verso la gola. Questi potrebbero essere sintomi di reflusso gastroesofageo. Per indagare e diagnosticare questo disturbo, i medici utilizzano un esame chiamato pH-metria.
Ma cos’è esattamente questo esame? Semplificando, possiamo vederlo come una sorta di diario, al cui interno si registra l’acidità presente nell’esofago, il tubo che collega la gola allo stomaco. Questo monitoraggio dura solitamente 24 o 48 ore e aiuta il medico a capire se e quando l’acido dello stomaco risale dove non dovrebbe.
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Approfondiamo insieme, e cerchiamo di capire cos’è la pH-metria esofagea, quali sono le sue applicazioni e come viene eseguita.
Di cosa parliamo in questo articolo
Cos’è la pH-metria
La pH-metria esofagea è un esame diagnostico fondamentale per la valutazione del reflusso gastroesofageo. Come anticipato, misura il livello di acidità, ovvero il pH, all’interno dell’esofago per un periodo prolungato, solitamente di 24 o 48 ore, al fine di diagnosticare la malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE).
L’esame serve a misurare l’entità del reflusso acido, ovvero quanto spesso e per quanto tempo l’acido risale dallo stomaco all’esofago.
La pH-metria è particolarmente utile per confermare la diagnosi in pazienti con sintomi persistenti, in assenza di lesioni visibili all’endoscopia o che non rispondono alla terapia medica. In alcuni casi può essere affiancato da altri accertamenti, come una gastroscopia ad esempio.
Una tecnica più avanzata è la pH-impedenziometria. Questo esame, oltre al pH, fornisce informazioni aggiuntive sul movimento di liquidi e gas all’interno dell’esofago, indipendentemente dal loro livello di acidità, quindi anche del reflusso non acido o debolmente acido.
A cosa serve il monitoraggio del pH esofageo?
Abbiamo spiegato che la pH-metria esofagea è un esame diagnostico utilizzato principalmente per valutare e quantificare il reflusso gastroesofageo.
Ma quali sono le sue applicazioni? Questo esame serve per:
- diagnosi della malattia da reflusso gastroesofageo: l’esame permette di determinare se i sintomi del paziente sono effettivamente causati dal reflusso acido nell’esofago;
- quantificazione del reflusso acido: l’esame misura l’entità del reflusso acido, ovvero la frequenza e la durata degli episodi di reflusso in cui il pH esofageo scende sotto 4 (pH <4);
- correlazione dei sintomi con il reflusso: aiuta a stabilire se i sintomi avvertiti dal paziente, come bruciore di stomaco, rigurgito, dolore toracico, tosse o raucedine, sono correlati agli episodi di reflusso. Durante l’esame, il paziente annota i sintomi in un diario, e questi vengono confrontati con le misurazioni del pH;
- valutazione dell’efficacia del trattamento: l’esame è utilizzato per monitorare l’efficacia della terapia medica (inibitori della pompa protonica) o chirurgica. In alcuni casi, l’esame viene eseguito sia prima che dopo il trattamento per valutare i risultati;
- studio del reflusso non erosivo: questo esame è particolarmente utile nello studio della variante non-erosiva della MRGE, dove non sono presenti lesioni visibili all’endoscopia;
- identificazione dei candidati alla chirurgia antireflusso: i risultati della pH-metria aiutano a identificare i pazienti che potrebbero beneficiare di un intervento chirurgico anti-reflusso;
- valutazione pre e post-operatoria: viene eseguita prima e dopo interventi chirurgici all’esofago e allo stomaco per problemi di reflusso;
- studio del reflusso in pazienti non responsivi: l’esame è utile in pazienti che non rispondono alla terapia medica per il reflusso;
- monitoraggio nei bambini: in età pediatrica, la pH-metria è un test fondamentale per lo studio del reflusso gastroesofageo, soprattutto in presenza di sintomi aspecifici come pianto inconsolabile, rifiuto dell’alimentazione o tosse.
Insomma, si tratta di uno strumento diagnostico versatile e cruciale per la gestione della malattia da reflusso gastroesofageo.
Come vengono eseguite la pH-metria e la pH-impedenziometria esofagea?
La pH-metria e la pH-impedenziometria esofagea prevedono entrambe l’impiego di un registratore portatile per monitorare le variazioni di pH e, nel caso della pH-impedenziometria, anche l’impedenza.
Ecco come vengono eseguite le due procedure:
- preparazione: prima dell’esame, è necessario osservare un digiuno di almeno 6-8 ore. Come indicato in questa informativa dell’Azienda per l’assistenza sanitaria del Friuli Occidentale, Alcuni farmaci che influenzano l’acidità dello stomaco, come gli inibitori della pompa protonica (PPI) e gli anti-H2, devono essere sospesi per un periodo che varia da 24 ore a 15 giorni prima dell’esame, a seconda del tipo di farmaco. È importante segnalare al medico eventuali allergie o terapie in corso;
- posizionamento del sondino:
- pH-metria tradizionale e pH-impedenziometria: un sottile sondino (del diametro di 2-3 mm) viene inserito attraverso una narice, lubrificato con gel, e fatto progredire fino all’esofago. Per ridurre il fastidio, viene applicato uno spray anestetico locale nel naso e nella gola. Il sondino viene poi fissato al naso con un cerotto. Il posizionamento richiede circa 5 minuti. La posizione esatta del sondino può essere determinata in precedenza tramite manometria esofagea. Il sondino contiene sensori in antimonio radiopachi;
- pH-metria wireless: in alternativa al sondino, si può utilizzare una capsula wireless che viene posizionata nell’esofago distale durante un’endoscopia. La capsula è dotata di un elettrodo interno, e viene fissata alla mucosa esofagea a circa 5 cm sopra lo sfintere esofageo inferiore, o 6 cm sopra la linea Z. Può essere posizionata per via transnasale, dopo identificazione manometrica del SEI (una regione lunga dai 2 ai 4 cm con una pressione a riposo di 15-20 mmHg), o per via orale durante un esame endoscopico. L’applicazione richiede una procedura di aspirazione per assicurare la capsula alla mucosa. Il corretto fissaggio viene controllato con una radiografia o con endoscopia.
- registrazione: il sondino o la capsula sono collegati a un registratore portatile che il paziente indossa durante le 24 ore (o 48-72 ore per la capsula wireless). Durante la registrazione, il paziente deve svolgere le normali attività quotidiane, mantenendo invariati gli orari dei pasti e del riposo, e deve annotare su un diario o sul registratore l’orario dei pasti, del riposo, e l’insorgenza di eventuali sintomi come bruciore, rigurgito, dolore, tosse;
- rimozione: il giorno successivo, il paziente torna per rimuovere il sondino. La capsula wireless, invece, si stacca spontaneamente dalla mucosa e viene eliminata con le feci.
La pH-metria fornisce dati sulla quantità di reflusso acido, mentre la pH-impedenziometria fornisce informazioni più complete, includendo anche il reflusso non acido e l’estensione del reflusso nell’esofago. L’interpretazione dei tracciati di questa seconda procedura richiede un’analisi più complessa da parte di personale specializzato e può richiedere diversi giorni.
Rischi e complicanze
La pH-metria e la pH-impedenziometria esofagea sono considerate procedure sicure, ma come ogni esame medico, possono comportare alcuni rischi o complicanze, sebbene rari.
Vediamo quali sono, allora, i principali rischi e le complicanze associati a questi esami.
Complicazioni rare ma possibili:
- crisi vagale: durante l’inserimento del sondino, può verificarsi una reazione vagale, che può causare un calo della frequenza cardiaca o della pressione sanguigna;
- perforazione di un diverticolo: in rari casi, il passaggio del sondino può perforare un diverticolo esofageo non noto;
- emorragie: possono verificarsi piccole emorragie, specialmente in presenza di ipertrofia dei turbinati nasali o fragilità capillare a livello delle narici;
- irritazione trigeminale: raramente, può esserci un’irritazione del nervo trigemino.
Effetti collaterali comuni ma minori:
- fastidio: l’introduzione del sondino può causare fastidio a livello del naso e della gola. Per ridurre il disagio, si può utilizzare uno spray anestetizzante;
- sensazione di corpo estraneo: durante le 24 ore in cui il sondino rimane in posizione, può persistere una sensazione di corpo estraneo in gola;
- raffreddore: in alcuni casi, può manifestarsi un raffreddore;
- modesta secrezione: durante la registrazione, potrebbe verificarsi una modesta secrezione acquosa dalla narice in cui è posizionato il sondino, simile a quella del raffreddore, che regredisce dopo la rimozione del sondino.
In ogni caso, questi rischi sono generalmente bassi, e i benefici dell’esame superano di gran lunga i potenziali svantaggi nella maggior parte dei casi.
Chi non può sottoporsi all’esame del pH esofageo?
Si può eseguire sempre questo esame? No, esistono alcune condizioni che rappresentano controindicazioni all’esecuzione della pH-metria, tra cui le seguenti:
- stenosi della faringe e dell’esofago;
- alterazioni bollose dell’esofago;
- patologie cardiache in cui sia controindicata una stimolazione vagale;
- gravi coagulopatie;
- diatesi emorragica, ovvero la tendenza al sanguinamento insolitamente lunga, troppo grave o derivano da una causa minore;
- presenza di varici e/o ulcere esofagee;
- pregressi interventi chirurgici di derivazione intestinale;
- presenza di apparati elettromedicali che potrebbero essere disturbati dalla radio trasmissione del segnale di rilevamento, come defibrillatori o pacemaker.
Inoltre, la risonanza magnetica non può essere eseguita nei 30 giorni successivi al posizionamento della capsula wireless per il rischio di interferenze con le parti metalliche.
Per i bambini con problemi medici più gravi, si raccomanda di eseguire l’esame in ambiente ospedaliero protetto.
In caso di dubbi o preoccupazioni, è sempre consigliabile discutere con il proprio medico curante prima di sottoporsi alla procedura.
Domande frequenti
È un esame diagnostico che misura l’acidità (pH) nell’esofago per un periodo di tempo prolungato (24 o 48 ore). Serve a diagnosticare la malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE), quantificare il reflusso acido, e correlare i sintomi con gli episodi di reflusso.
È un esame più avanzato che, oltre a misurare il pH, rileva anche il movimento di liquidi e gas nell’esofago. Questo permette di identificare sia il reflusso acido che quello non acido, fornendo informazioni più complete sulla natura del reflusso.
Servono a:
– diagnosticare la MRGE, specialmente in pazienti con sintomi persistenti o senza lesioni visibili all’endoscopia;
– quantificare l’entità del reflusso acido e non acido;
– correlare i sintomi del paziente (bruciore, rigurgito, tosse, ecc.) con gli episodi di reflusso;
– valutare l’efficacia di trattamenti medici o chirurgici per il reflusso;
– identificare candidati per la chirurgia antireflusso;
– studiare il reflusso non erosivo e il reflusso in pazienti non responsivi;
– monitorare il reflusso nei bambini.
– preparazione: è necessario il digiuno per almeno 6-8 ore prima dell’esame. Alcuni farmaci che influenzano l’acidità gastrica devono essere sospesi;
– posizionamento del sondino: un sottile sondino viene inserito attraverso una narice fino all’esofago, lubrificato e fissato al naso con un cerotto. In alternativa, si può utilizzare una capsula wireless posizionata endoscopicamente;
– registrazione: il paziente svolge le normali attività quotidiane, registrando i pasti, il riposo e i sintomi. La registrazione dura 24 ore (o 48-72 ore per la capsula wireless);
– rimozione: il sondino viene rimosso il giorno successivo. La capsula wireless si stacca spontaneamente e viene espulsa con le feci.
La pH-metria misura solo l’acidità (pH) nell’esofago, rilevando il reflusso acido. La pH-impedenziometria misura sia il pH che l’impedenza, rilevando sia il reflusso acido che quello non acido, oltre all’estensione del reflusso nell’esofago.
Questi esami sono generalmente sicuri, ma possono presentare rari rischi:
– complicazioni rare: crisi vagale, perforazione di un diverticolo, emorragie, irritazione trigeminale;
– effetti collaterali minori: fastidio al naso e alla gola, sensazione di corpo estraneo, modico sanguinamento, raffreddore, secrezione;
– controindicazioni: stenosi esofagee, alterazioni bollose, patologie cardiache, gravi coagulopatie, diatesi emorragica, varici esofagee, pregressi interventi chirurgici all’intestino, e presenza di defibrillatori o pacemaker. La RMN non è consigliata nei 30 giorni successivi al posizionamento della capsula wireless.
Il paziente deve:
– svolgere le normali attività quotidiane;
– seguire la dieta abituale, evitando solo cibi acidi fuori dai pasti;
– annotare su un diario o sul registratore gli orari dei pasti, del riposo e l’insorgenza di eventuali sintomi;
– segnalare i cambi di posizione (sdraiato/in piedi).
Di solito non è necessario essere accompagnati, in quanto non vengono somministrati farmaci sedativi.