La mononucleosi viene spesso associata a una condizione blanda, in passato molto frequente in età pediatrica, oggi più diffusa tra adolescenti e adulti (15-30 anni), nota anche come “malattia del bacio”, perché si trasmette attraverso la saliva.
In realtà, si tratta di una malattia infettiva subdola, con un decorso spesso semplice, ma in condizioni gravi diventa potenzialmente pericolosa, perché può colpire vari organi, come la milza e il fegato, e aumentare il rischio di sviluppo di tumori del naso e della gola.
Inoltre, come vedremo più nel dettaglio nel corso dell’articolo, il principale virus che provoca quest’infezione, il virus di Epstein-Barr (EBV), una volta entrato nel flusso sanguigno, non lo abbandona più per tutta la vita. Questo vuol dire che chi l’ha contratto, di fatto, è perennemente contagioso.
Non è un caso, quindi, che oltre il 90% della popolazione mondiale entri in contatto con il virus nei primi anni di vita, durante l’adolescenza o in età adulta, come riportato dall’Istituto Superiore di Sanità.
Approfondiamo insieme, e cerchiamo di capire cos’è la mononucleosi, cosa la provoca, quali sono i sintomi, le possibili complicanze e le cure disponibili oggi.
Di cosa parliamo in questo articolo
Cos’è la mononucleosi?
Il nome mononucleosi deriva dalla presenza, in elevate quantità, di un tipo particolare di globuli bianchi nel sangue della persona infetta, chiamati anche cellule mononucleate.
Ma cos’è la mononucleosi? È una malattia infettiva di origine virale, che si diffonde attraverso il contatto con la saliva, ma non solo attraverso i baci, come si è portati erroneamente a pensare.
In effetti, il virus viene trasportato attraverso la saliva, con la quale si può entrare in contatto anche con la condivisione di oggetti contaminati, come un bicchiere, una bottiglia d’acqua, dei giocattoli. Più difficile, invece, la trasmissione attraverso colpi di tosse o starnuti.
Come accennato prima, la mononucleosi è una delle malattie infettive più diffuse al mondo, con circa il 90% della popolazione che è entrata in contatto con il virus (il 95% in età pediatrica). In passato era molto più frequente tra i bambini più piccoli, ma il miglioramento delle condizioni igieniche nel mondo industrializzato ha in parte ridotto questo dato.
Detto questo, è importante sottolineare che il contagio non avviene solo tramite i baci, ma anche attraverso la condivisione di oggetti contaminati come bicchieri, bottiglie d’acqua, posate o giocattoli. La trasmissione tramite colpi di tosse o starnuti è considerata più difficile, ma il virus può anche diffondersi attraverso il sangue e lo sperma durante i rapporti sessuali, le trasfusioni di sangue e i trapianti di organi.
Oggi è molto più frequente tra gli adolescenti e gli adulti, in particolare nella fascia di età tra i 15 e i 30 anni, in cui è forse più corretto usare l’espressione “malattia del bacio” a cui abbiamo fatto riferimento prima.
In questa fetta di popolazione la mononucleosi viene inserita a pieno titolo nel novero delle infezioni sessualmente trasmesse, come evidenziato in questa grafica elaborata dal sito Uniti contro l’AIDS, promosso dal Ministero della Salute e dall’ISS.

In effetti, è importante sottolineare che, seppur il vettore principale sia la saliva, questi virus possono anche diffondersi attraverso il sangue e lo sperma durante i rapporti sessuali, le trasfusioni di sangue e i trapianti di organi.
Quali sono le cause principali?
La mononucleosi è una malattia infettiva di origine virale, di conseguenza è causata da un virus.
La causa principale è da individuare nel virus Epstein-Barr (EBV), noto come herpesvirus umano di tipo 4, della famiglia degli Herpesvirus, a cui appartengono molte altre patologie, come la varicella, l’herpes labiale, l’herpes genitale e il fuoco di Sant’Antonio.
Meno diffusa è invece la mononucleosi infettiva causata da altri virus, come ad esempio il citomegalovirus, che rappresenta un’importante causa di patologie fetali, anche gravi se trasmesso al feto durante la gravidanza.
Altre infezioni che possono causare una sindrome mononucleosica includono la toxoplasmosi, l’HIV, la rosolia, le epatiti A, B o C e l’adenovirus.
Un abbassamento delle difese immunitarie può esporre maggiormente al rischio di contrarre questa malattia.
Quali sono i sintomi della mononucleosi?
I sintomi della mononucleosi sono generalmente vari e possono manifestarsi lentamente, senza presentarsi tutti contemporaneamente. La malattia è spesso associata a una condizione blanda, ma è considerata “subdola” perché in casi gravi può diventare potenzialmente pericolosa.
Il decorso della malattia è molto lento e aspecifico, per questo spesso non viene diagnosticata in una fase iniziale, in quanto si presenta con pochi sintomi, di solito sovrapponibili a una faringite o tonsillite.
Nella maggior parte dei bambini di età inferiore a 5 anni, l’infezione è asintomatica.
Il tempo di incubazione, ovvero il periodo che intercorre tra il momento del contagio e la comparsa dei sintomi, è abbastanza lungo, va dalle 2 alle 3 settimane nei bambini e dalle 3 alle 5 settimane negli adulti.
Ma come si manifesta la mononucleosi? Quali sono i sintomi tipici di questa infezione?
- Astenia o stanchezza estrema: spesso grave, di solito più grave durante le prime 2-3 settimane, e può permanere per mesi;
- Febbre: in genere raggiunge il picco di circa 39,5 °C nel pomeriggio o in prima serata;
- Mal di gola: la gola è spesso molto dolente e sul fondo della gola si può formare del materiale simile al pus; questa condizione rende difficile e dolorosa la deglutizione, anche di liquidi;
- Linfoadenopatia o linfonodi ingrossati: più di frequente interessa i linfonodi nel collo e nelle ascelle, ma potrebbe presentarsi anche in altre parti del corpo, ad esempio l’inguine; questa condizione persiste per circa 3-6 settimane;
- Mal di testa o dolori articolari;
- Eruzione cutanea, meno frequente.
Di solito i sintomi tendono a regredire spontaneamente nel tempo.
Quali sono le complicanze della mononucleosi
Abbiamo spiegato che la mononucleosi è una malattia subdola, con un decorso lungo e lento, e una serie di sintomi che possono protrarsi per settimane o mesi, ma che, in genere, si risolve spontaneamente senza grossi strascichi.
Purtroppo, però, in circa il 50% dei pazienti che contraggono l’infezione si presenta anche un ingrossamento della milza, con conseguenze potenzialmente molto gravi, come la rottura dell’organo.
Questo ingrossamento della milza si manifesta con un dolore addominale alla parte sinistra.
Più raramente possono insorgere complicazioni a carico del fegato, come l’ittero, e del sistema nervoso, come la meningite, l’encefalite e la neuropatia periferica.
Queste condizioni non vanno prese sottogamba, perché possono minacciare la salute e la vita del paziente. Circa l’1% dei pazienti affetti da mononucleosi muore, principalmente a causa delle complicanze conseguenti all’ingrossamento della milza e del fegato.
Infine, seppur in rarissimi casi, il virus EBV contribuisce allo sviluppo di diversi tipi di tumori, come il linfoma di Burkitt e alcuni tumori del naso e della gola.
Si può prevenire la mononucleosi?
Ad oggi non esiste un vaccino contro la mononucleosi, di conseguenza la prevenzione è legata essenzialmente a pratiche di buona igiene personale, evitando ad esempio la condivisione di oggetti che sono entrati in contatto con la propria saliva, ma non è sufficiente.
Com’è facile intuire, in effetti, non si può vivere una vita intera senza entrare in contatto con un’altra persona, ad esempio senza baciare il proprio partner.
Se viene diagnosticata la mononucleosi, è importante prestare molta attenzione a questi aspetti, soprattutto se in casa ci sono bambini che non hanno mai contratto l’infezione e non sono immuni. Le persone malate dovrebbero limitare l’attività lavorativa e fisica e seguire una dieta leggera. I bambini malati, specialmente nella fase acuta con sintomi (mal di gola, linfonodi ingrossati, febbre, stanchezza, dolori), non dovrebbero andare a scuola ed evitare il contatto con altri bambini.
Come si effettua la diagnosi?
Il primo step consiste nell’analisi dei sintomi del paziente, in particolare la presenza di una gola molto infiammata o di linfonodi ingrossati.
Per avere però la certezza della diagnosi, il medico può prescrivere una serie di test clinici di facile esecuzione.
- Test per anticorpi eterofili o monotest: si tratta di un semplice esame del sangue, molto rapido, con il quale si rileva una specifica classe di anticorpi IgM, che però potrebbe dare esito negativo negli adolescenti e negli adulti nelle fasi iniziali della malattia; per questo motivo il medico potrebbe farlo ripetere dopo una settimana se si sospetta che si tratti proprio di questa condizione. Il test, purtroppo, risulta poco affidabile nei bambini di età inferiore ai quattro anni con mononucleosi infettiva.
- Esame del sangue specifico per anticorpi anti-EBV: con questo test si esegue la ricerca degli anticorpi di classe IgM (che indicano la presenza di un’infezione in corso) e degli anticorpi di classe IgG (che indicano un’infezione contratta in passato) contro gli antigeni del virus di Epstein-Barr.
- Emocromo completo, con il quale effettuare una conta dei globuli bianchi, che abbiamo visto essere maggiormente interessati dall’infezione.
- Transaminasi: possono aumentare notevolmente in corso di infezione (circa 2-3 volte il normale nel 90% dei pazienti). I livelli tornano alla normalità in 3-4 settimane.
Diagnosi differenziale
I sintomi della mononucleosi infettiva possono essere simili a quelli di molte altre infezioni virali e batteriche, è importante quindi distinguerla da:
- infezione primaria da HIV: può avere un quadro clinico simile all’infezione acuta da EBV. Nei pazienti con fattori di rischio per l’HIV, è necessario eseguire la carica virale di RNA-HIV quantitativa nel sangue e il dosaggio combinato di anticorpi e antigene p24;
- citomegalovirus (CMV): può causare una sindrome mononucleosica con linfocitosi atipica, epatosplenomegalia ed epatite, ma solitamente senza faringite grave;
- toxoplasmosi: può causare una sindrome simile con febbre e linfoadenopatia, ma di solito senza faringite;
- faringite streptococcica: i sintomi possono essere clinicamente indistinguibili, ma la linfoadenopatia cervicale posteriore o generalizzata o l’epatosplenomegalia suggeriscono la mononucleosi infettiva. La presenza di streptococchi nell’orofaringe non esclude, però, la mononucleosi.
Sarà il medico a stabilire come procedere in tal senso, prescrivendo gli esami a cui sottoporsi.
Come si cura l’infezione?
Purtroppo non esiste una cura specifica per la mononucleosi; non ci sono, infatti, farmaci antivirali efficaci contro il virus EBV.
È possibile, però, agire sui sintomi attraverso l’assunzione di farmaci, ad esempio il paracetamolo o farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) contro la febbre e i dolori influenzali.
Non è raccomandata la somministrazione di antibiotici, in quanto si tratta di un’infezione virale e non batterica; inoltre, potrebbe favorire la comparsa di reazioni allergiche, soprattutto a livello cutaneo.
In alcuni casi, in presenza di determinate complicanze, ad esempio l’ingrossamento della milza o del sistema nervoso, il medico potrebbe prescrivere dei corticosteroidi.
Sono infine prescritti il riposo per alcune settimane, una dieta leggera e un’adeguata idratazione.
Domande frequenti (FAQ)
È una malattia infettiva di origine virale, spesso definita “malattia del bacio”. È causata principalmente dal virus di Epstein-Barr (EBV) e prende il nome dall’aumento di un tipo specifico di globuli bianchi nel sangue. Sebbene di solito sia lieve, può diventare pericolosa se colpisce organi come la milza e il fegato.
La causa principale è il virus di Epstein-Barr (EBV), un membro della famiglia degli Herpesvirus. Raramente, può essere causata da altri virus come il citomegalovirus.
Si trasmette principalmente attraverso la saliva, da qui il soprannome “malattia del bacio”. Può avvenire tramite baci profondi o la condivisione di oggetti contaminati come bicchieri, posate e giocattoli. La trasmissione tramite sangue e sperma è meno comune.
I sintomi più comuni sono stanchezza estrema (astenia), febbre, forte mal di gola e linfonodi ingrossati, specialmente nel collo e nelle ascelle. Possono presentarsi anche ingrossamento della milza o del fegato, mal di testa e, meno spesso, eruzioni cutanee.
Il periodo di incubazione è piuttosto lungo: varia da 2-3 settimane nei bambini e da 30 a 50 giorni (o 3-5 settimane) negli adolescenti e negli adulti.
Sì, nella maggior parte dei bambini di età inferiore a 5 anni, l’infezione è asintomatica o si presenta con sintomi molto lievi e non specifici, facilmente confondibili con altre malattie infantili. Oggi è più comune negli adolescenti e giovani adulti.
La diagnosi inizia con l’osservazione dei sintomi clinici e viene confermata da esami del sangue. Questi includono la ricerca di anticorpi specifici anti-EBV (IgM e IgG) e l’emocromo, che può mostrare un aumento dei globuli bianchi atipici.
No, non esiste una cura specifica per la mononucleosi, poiché non ci sono farmaci antivirali efficaci contro l’EBV. Il trattamento è di supporto, concentrandosi sull’alleviare i sintomi.
Per abbassare la febbre e ridurre i dolori si possono assumere paracetamolo o farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) come l’ibuprofene. In caso di complicanze gravi (es. gonfiore delle vie aeree, problemi alla milza), il medico può prescrivere corticosteroidi.
Gli antibiotici non sono raccomandati, in quanto l’infezione è virale e non batterica. Possono provocare reazioni allergiche o eruzioni cutanee. L’aspirina non deve essere somministrata ai bambini a causa del rischio di sindrome di Reye.
La complicanza più seria è l’ingrossamento della milza (splenomegalia), che può portare alla sua rottura, una condizione potenzialmente fatale. Possono verificarsi anche complicanze a carico del fegato (es. ittero) o del sistema nervoso (es. meningite, encefalite).
Non esiste un vaccino contro la mononucleosi. La prevenzione si basa sull’evitare il contatto con la saliva di persone infette, quindi non baciare e non condividere oggetti personali come bicchieri, posate o spazzolini.
Sì, una volta contratto, il virus di Epstein-Barr rimane nell’organismo per tutta la vita. Le persone infette possono espellere periodicamente il virus nella saliva, anche senza sintomi, rendendole potenzialmente contagiose per altri.
È essenziale il riposo. A causa del rischio di rottura della milza ingrossata, è fondamentale evitare il sollevamento pesi e gli sport di contatto per almeno un mese dall’esordio dei sintomi, o finché un medico non confermi che la milza è tornata alle dimensioni normali.