Quando fare lo screening uditivo neonatale

da | Ago 3, 2022 | Salute

Il Fondo sanitario integrativo Enfea Salute prevede numerose prestazioni destinate alla donna in gravidanza e ai neonati, coperte dal Piano Sanitario nell’ambito della “Gravidanza Sicura”, della “Tutela del figlio” e della “Tutela delle malformazioni in età pediatrica”. In merito alla salute del figlio, nel primo anno di vita del bambino è necessario eseguire una serie di controlli, tra cui anche lo screening uditivo neonatale.  

Si tratta, come vedremo più nel dettaglio, di un esame effettuato nei primi giorni di vita del bambino mediante un’indagine di breve durata e non invasiva, che permette di effettuare una diagnosi precoce di sordità congenita.

Stando ai dati riportati dal Ministero della Salute, la sordità neonatale rappresenta il difetto sensitivo ereditario più frequente nei neonati, con un’incidenza stimata nei paesi occidentali fra 0,5 e 1,5 casi ogni mille nati. 

Ricordiamo che questo esame, insieme ad altri che rientrano nel gruppo dello screening neonatale, è obbligatorio e offerto gratuitamente dal SSN

Vediamo insieme in cosa consiste lo screening uditivo neonatale, come viene eseguito, a cosa serve e quando farlo. 

Cos’è lo screening uditivo neonatale

Come accennato, lo screening uditivo neonatale è un esame non invasivo eseguito sul bambino nei primi giorni di vita, al fine di diagnosticare in modo precoce una possibile sordità congenita

Si tratta di una condizione rara, che colpisce circa 1-2 bambini su 1000, in una o entrambe le orecchie. Nel caso di permanenza del neonato in terapia intensiva per più di 48 ore la prevalenza aumenta fino a 1 su 100. La maggior parte di questi bambini nasce in famiglie che non presentano una storia di perdita dell’udito permanente.

Le cause principali sono: 

  • l’infezione congenita da microrganismi del complesso TORCH (toxoplasma, rosolia,  citomegalovirus  e herpes virus);
  • la sepsi;
  • le meningiti neonatali.

Per quanto riguarda, invece, i fattori di rischio, oltre alla permanenza in terapia intensiva sono da considerare i seguenti: 

  • basso peso alla nascita;
  • assunzione di farmaci ototossici;
  • iperbilirubinemia; 
  • ventilazione prolungata;
  • utilizzo di ECMO, acronimo di Extracorporeal Membrane Oxygenation. Si tratta di una procedura attivata solo nei casi più critici, e consente di pompare il sangue al di fuori del corpo all’interno di una macchina cuore-polmone, che rimuove l’anidride carbonica e invia il sangue pieno di ossigeno ai tessuti del corpo. Questo metodo consente al sangue di “bypassare” il cuore e i polmoni, consentendo a questi organi di riposare e guarire.

La perdita permanente dell’udito può influenzare lo sviluppo dei bambini, e giungere a una diagnosi precoce, quasi immediata, può fornire loro una migliore possibilità di sviluppare abilità linguistiche e comunicative, ma anche sociali e relazionali

Per questo motivo, nel nostro Paese viene eseguito lo screening uditivo neonatale prima ancora che il bambino venga dimesso dall’ospedale dopo la nascita, al fine di diagnosticare immediatamente il possibile difetto e attivare da subito le procedure necessarie. 

In cosa consiste il test

Eseguire uno screening uditivo neonatale al fine di verificare la capacità o meno nel bambino di percepire gli stimoli sonori non è facile, perché essendo molto piccolo non è in grado di reagire in modo chiaro alle sollecitazioni

D’altro canto, però, non è possibile aspettare che il bambino cresca e risulti più reattivo, perché abbiamo visto che questa ipoacusia congenita va diagnosticata il prima possibile. 

Per questo motivo, sono state sviluppate delle tecniche che consentono di bypassare la collaborazione del bambino e ottenere ugualmente i dati necessari per giungere a una diagnosi. 

Ecco come si procede. 

Il test dell’udito del neonato è chiamato anche “test di emissione otoacustica automatizzato” (OAE), viene eseguito mentre il bambino dorme, non è invasivo e dura solo pochi minuti. 

Un piccolo auricolare con punta morbida dotato di una sonda viene posizionato nell’orecchio del bambino. A questo punto vengono riprodotti dei semplici suoni di clic, e la sonda registra i suoni emessi dalla coclea, la parte interna dell’orecchio, che risponde a questi suoni con una sorta di eco. 

L’esame può dare due esiti: 

  • PASS, se ha ricevuto il suono emesso dalla coclea. In questo caso si può escludere un possibile difetto uditivo;
  • REFER, se non ha ricevuto il suono emesso dalla coclea. 

In questo secondo caso è importante non giungere subito a conclusioni, perché alcuni fattori potrebbero compromettere la capacità del bambino di sentire, ad esempio la presenza di un liquido o una ostruzione nell’orecchio o un rumore di fondo. 

Per questo motivo, si procede con un secondo test, chiamato test di risposta uditiva automatizzata del tronco cerebrale (ABR), della durata variabile dai 5 ai 15 minuti, che prevede il posizionamento di alcuni piccoli sensori sulla testa e sul collo del bambino

Non è affatto invasivo e si esegue durante il sonno del neonato, inviando al bambino stimoli acustici di diversa intensità e registrando la corrente elettrica prodotta dalla coclea mediante i sensori, ovvero degli elettrodi.

Quando eseguire il test

In un paio di occasioni abbiamo rimarcato la necessità di eseguire lo screening uditivo neonatale il prima possibile, nei giorni immediatamente successivi alla nascita. 

Infatti, in genere viene svolto prima delle dimissioni dall’ospedale dopo il parto, dopo appena 24 ore dalla nascita del bambino. 

Trattandosi di uno screening obbligatorio, si invita i neogenitori a informarsi con il personale medico e sanitario del reparto di neonatologia per sapere se l’esame è stato eseguito e qual è l’esito.

In alcuni casi non viene eseguito prima delle dimissioni – ad esempio quando si partorisce in un ospedale situato fuori dalla regione di domicilio – ma va comunque sottoposto il bambino allo screening entro il  3-4° mese dalla nascita al fine di cominciare un eventuale intervento riabilitativo entro il 6° mese di vita.

ATTENZIONE:
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