Gli antibiotici rappresentano una risorsa essenziale nella medicina contemporanea, ma nel corso degli anni l’uso eccessivo e inadeguato di questa categoria di farmaci ha prodotto e sta producendo gravi danni alla salute, favorendo la cosiddetta antibiotico-resistenza, che rientra nel gruppo più ampi della antimicrobico-resistenza (AMR).
Purtroppo, la situazione mondiale è critica, e in particolare quella italiana. Il nostro Paese, infatti, detiene il primato per diffusione di germi resistenti in Europa, del quale non possiamo certo essere fieri, destinato con ogni probabilità a crescere nel prossimo futuro, visto che, secondo il rapporto “L’uso dei farmaci in Italia” redatto da AIFA, il consumo di antibiotici nel 2023 è aumentato del 6,4%.
La resistenza agli antibiotici, ovvero la capacità, da parte dei batteri, di contrastare l’azione del farmaco e sopravvivere, diffondendo l’infezione, è un problema molto grave, che nel 2022 ha causato quasi 5 milioni di decessi nel mondo.
Per questo motivo, l’OMS e le principali istituzioni sanitarie internazionali sono impegnate nell’invertire la tendenza, soprattutto attraverso una corretta informazione sull’impiego di questi farmaci, sia in ambito umano sia in quello veterinario.
Approfondiamo insieme, e cerchiamo di capire come utilizzare gli antibiotici in modo corretto, per curare le infezioni e garantire la salute dei cittadini.
Di cosa parliamo in questo articolo
- Cosa sono gli antibiotici?
- Classificazione AWaRe (Access, Watch e Reserve)
- Quanti tipi di antibiotici esistono?
- Classi di antibiotici
- Cosa vuol dire gram-positivi e gram-negativi?
- Quando è davvero necessario assumere/prescrivere antibiotici?
- Come scegliere l’antibiotico giusto?
- Come assumere correttamente gli antibiotici?
- Cosa vuol dire quando l’antibiotico va ricostituito?
- Gli effetti collaterali degli antibiotici e come gestirli
Cosa sono gli antibiotici?
Prima di addentrarci nell’argomento, è forse il caso di chiarire cosa sono gli antibiotici, perché molto spesso si fa confusione su questo argomento.
Partiamo, allora, dalla definizione fornita da AIFA:
“Gli antibiotici sono un gruppo di farmaci in grado di impedire lo sviluppo di batteri, agendo mediante differenti meccanismi d’azione.”
Cosa possiamo capire da questa definizione? Le nozioni di base sono essenzialmente tre:
- stiamo parlando di un gruppo di farmaci, questo vuol dire che esistono diversi tipi di antibiotici (classi), ognuno con una applicazione più o meno specifica;
- gli antibiotici servono a contrastare la diffusione di infezioni batteriche. Agiscono bloccando o uccidendo i batteri responsabili dell’infezione, senza intaccare, nella maggior parte dei casi, le cellule del corpo umano. Non hanno alcun effetto contro i virus o altri patogeni;
- ogni classe di antibiotico presenta meccanismi d’azione differenti, mirati a interferire con specifici processi vitali dei batteri. Alcuni inibiscono la sintesi della parete cellulare batterica, altri interferiscono con la produzione di proteine, e altri ancora agiscono sul DNA batterico.
È importante fissare bene nella memoria queste tre nozioni essenziali, perché torneranno spesso nel corso della presente guida.
Classificazione AWaRe (Access, Watch e Reserve)
La classificazione AWaRe (Access, Watch e Reserve) è stata introdotta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel 2017 come parte dell’elenco dei medicinali essenziali, con l’obiettivo di promuovere un uso più consapevole e razionale degli antibiotici.
Questa classificazione suddivide gli antibiotici in tre categorie principali:
- antibiotici Access: comprendono farmaci con uno spettro d’azione ristretto e un buon profilo di sicurezza. Sono indicati per trattare le infezioni comuni, poiché hanno meno probabilità di causare effetti indesiderati e un minore impatto sulla resistenza;
- antibiotici Watch: si tratta di antibiotici ad ampio spettro raccomandati come opzioni di prima scelta in caso di manifestazioni cliniche più gravi o di infezioni causate da patogeni che potrebbero essere resistenti agli antibiotici della categoria Access. L’uso di questi farmaci richiede maggiore cautela, data la probabilità più elevata di indurre resistenza;
- antibiotici Reserve (o di riserva): rappresentano l’ultima linea di difesa e sono riservati al trattamento di infezioni causate da batteri multiresistenti. Il loro impiego è fortemente limitato, poiché è fondamentale preservarne l’efficacia per le situazioni cliniche più critiche.
L’approccio AWaRe è concepito per aiutare gli operatori sanitari a scegliere l’antibiotico più appropriato e per ridurre la comparsa di resistenze batteriche, proteggendo così l’efficacia degli antibiotici essenziali per il futuro.
Perché è stata introdotta? Come si legge nell’edizione italiana del “The WHO AWaRe Antibiotic Book”, la classificazione AWaRe si inserisce all’interno di un contesto alquanto preoccupante:
“Circa il 90% di tutti gli antibiotici viene assunto dai pazienti in un contesto di assistenza sanitaria primaria. Si stima che circa la metà di tutti gli antibiotici utilizzati sia in qualche modo inappropriata, per esempio: l’uso di un antibiotico quando non è indicato alcun antibiotico; la scelta di un antibiotico a spettro inutilmente ampio (es. antibiotici Watch invece di Access; vedere la sezione seguente); la dose errata, la durata del trattamento e la somministrazione o formulazione dell’antibiotico”
Quanti tipi di antibiotici esistono?
Gli antibiotici possono essere suddivisi in diverse tipologie in base al loro meccanismo d’azione e alla loro capacità di eliminare o inibire la crescita dei batteri.
Ecco le principali categorie:
- antibiotici batteriostatici: inibiscono la crescita e la replicazione dei batteri, senza distruggerli direttamente. Agiscono bloccando processi vitali come la sintesi delle proteine, consentendo al sistema immunitario di eliminare progressivamente i batteri. Un esempio di antibiotici batteriostatici sono le tetracicline;
- antibiotici battericidi: uccidono direttamente i batteri, causando la rottura delle loro strutture cellulari o inibendo funzioni vitali essenziali. Sono spesso utilizzati per infezioni acute o particolarmente gravi in cui è necessaria una rapida riduzione della carica batterica. La penicillina è un noto esempio di antibiotico battericida;
- antibiotici ad ampio spettro: agiscono contro una vasta gamma di batteri, sia gram-positivi che gram-negativi, rendendoli utili in situazioni in cui l’agente infettivo non è stato ancora identificato con precisione. Tuttavia, il loro uso frequente può favorire la comparsa di resistenze;
- antibiotici a spettro ristretto: sono efficaci solo contro un numero limitato di batteri e vengono prescritti quando l’agente patogeno è noto. Questi antibiotici hanno un impatto minore sulla flora batterica normale dell’organismo, riducendo il rischio di effetti collaterali e resistenza.
Inoltre, si possono distinguere antibiotici di origine naturale, come quelli derivati da funghi e batteri (es. penicillina), e antibiotici di sintesi, prodotti artificialmente per ampliare lo spettro d’azione o migliorare la stabilità del farmaco.
Questa diversità consente ai medici di scegliere l’antibiotico più adatto in base al tipo di infezione e alla condizione del paziente.
Classi di antibiotici
Gli antibiotici si dividono in diverse classi, ognuna con meccanismi d’azione e spettro d’azione specifici.
Ecco le principali:
- beta-lattamici: questa classe include penicilline, cefalosporine, carbapenemi e monobattami. I beta-lattamici agiscono bloccando la sintesi della parete cellulare batterica, portando alla morte del batterio. Sono molto utilizzati per la loro efficacia contro numerose infezioni, ma alcuni batteri hanno sviluppato resistenza producendo un enzima chiamato beta-lattamasi, che neutralizza l’effetto dell’antibiotico;
- aminoglicosidi: antibiotici come la gentamicina e l’amikacina appartengono a questa classe, che è molto efficace contro i batteri gram-negativi. Gli aminoglicosidi agiscono bloccando la sintesi proteica batterica, e sono spesso utilizzati per infezioni gravi come quelle delle vie urinarie, del sangue e polmonari. Tuttavia, presentano effetti collaterali significativi, come tossicità renale e uditiva, e richiedono monitoraggio;
- tetracicline: includono antibiotici come la tetraciclina e la doxiciclina. Le tetracicline agiscono anch’esse inibendo la sintesi proteica e hanno un ampio spettro d’azione, efficace sia su batteri gram-positivi che gram-negativi. Sono utilizzate per trattare infezioni respiratorie, dell’apparato genitale e alcune malattie trasmesse da vettori (come la malattia di Lyme). Possono però causare fotosensibilità e non sono consigliate durante la gravidanza o nei bambini;
- macrolidi: rappresentati da antibiotici come l’eritromicina, la claritromicina e l’azitromicina, i macrolidi agiscono anch’essi inibendo la sintesi proteica. Sono comunemente impiegati per le infezioni respiratorie, la pertosse e alcune infezioni cutanee. Sono una buona alternativa per chi è allergico ai beta-lattamici, ma possono causare disturbi gastrointestinali;
- fluorochinoloni: come la ciprofloxacina e la levofloxacina, sono antibiotici ad ampio spettro che agiscono inibendo la sintesi del DNA batterico. Sono usati per trattare infezioni delle vie urinarie, gastrointestinali e respiratorie. I fluorochinoloni sono però associati a effetti collaterali significativi, come problemi tendinei, effetti sul sistema nervoso centrale e fototossicità, e il loro uso è spesso riservato a infezioni complicate o resistenti ad altri antibiotici.
Queste classi rappresentano le principali tipologie di antibiotici utilizzate in ambito clinico. Ogni classe ha un suo spettro d’azione e specifiche indicazioni terapeutiche, e la scelta di una classe rispetto a un’altra dipende dal tipo di infezione, dal batterio coinvolto e dalle condizioni del paziente.
Cosa vuol dire gram-positivi e gram-negativi?
Nell’elencare le diverse categorie di antibiotico abbiamo fatto riferimento a due tipi di batteri, i gram-positivi e i gram-negativi.
Ma cosa vuol dire? Qual è la differenza tra i due?
La differenza tra batteri gram-positivi e gram-negativi si basa principalmente sulla struttura della loro parete cellulare, visibile con la colorazione di Gram, una tecnica di laboratorio che permette di distinguere i due gruppi in base alla loro capacità di trattenere il colorante.
Nello specifico:
- batteri gram-positivi: questi batteri hanno una parete cellulare spessa e costituita principalmente da uno strato spesso di peptidoglicano, una sostanza robusta che fornisce protezione e struttura. Durante la colorazione di Gram, i gram-positivi trattengono il colorante violetto (cristal violetto), che li fa apparire di colore blu o viola al microscopio. La parete cellulare spessa conferisce ai gram-positivi una maggiore resistenza meccanica, ma è più permeabile agli antibiotici che interferiscono con la sintesi del peptidoglicano, come le penicilline;
- batteri gram-negativi: questi batteri hanno una parete cellulare più complessa e sottile, costituita da uno strato sottile di peptidoglicano e una membrana esterna aggiuntiva composta da lipidi e lipopolisaccaridi. Questa membrana esterna impedisce al colorante violetto di penetrare e trattenersi, quindi i gram-negativi assumono il colore del contrastante (solitamente rosso o rosa). La membrana esterna funge da barriera protettiva, rendendo i gram-negativi generalmente più resistenti a molti antibiotici e agli attacchi delle cellule immunitarie.
Questa differenza strutturale ha importanti implicazioni cliniche, poiché diversi tipi di antibiotici sono più o meno efficaci sui due gruppi. Ad esempio, antibiotici che agiscono sul peptidoglicano, come le penicilline, sono più efficaci contro i gram-positivi, mentre per i gram-negativi sono spesso necessari antibiotici che riescano a penetrare la membrana esterna, come le cefalosporine o alcuni aminoglicosidi.
Quando è davvero necessario assumere/prescrivere antibiotici?
Gli antibiotici sono indicati solo per il trattamento delle infezioni causate da batteri e non sono efficaci contro le infezioni virali come raffreddore, influenza o bronchite virale.
È quindi fondamentale che l’uso degli antibiotici sia valutato attentamente da un medico, per evitare trattamenti inappropriati che non solo sono inefficaci ma possono anche contribuire alla comparsa di resistenze batteriche.
Nel succitato Manuale antibiotici AWaRe (Access, Watch, Reserve), nella versione italiana, presenta alcune indicazioni molto precise sulle modalità di prescrizione degli antibiotici (tabelle 2.1. e 2.2.).
Ad esempio, ci dice che la bronchite si può curare senza antibiotici, perché “quasi tutti i casi hanno origine virale e non ci sono evidenze relative alla necessità di antibiotici”.
Inoltre, illustra gli 8 fattori (le 8 D) che i medici dovrebbero valutare prima di prescrivere questa tipologia di farmaco:
- Diagnosi: qual è la diagnosi clinica? C’è evidenza di un’infezione batterica significativa?
- Decidere: gli antibiotici sono davvero necessari? Devo fare colture o altri test?
- Drug (farmaco): quale antibiotico prescrivere? È un antibiotico Access, Watch o Reserve? Sono presenti allergie, interazioni o altre controindicazioni?
- Dose: quale dose, quante volte al giorno? Sono necessari aggiustamenti della dose, es. a causa di insufficienza renale?
- Delivery (somministrazione): quale formulazione usare? È un prodotto di buona qualità? Se è necessario un trattamento endovenoso, quando è possibile passare alla somministrazione orale?
- Durata: per quanto tempo? Qual è la data di fine somministrazione?
- Discutere: informare il paziente su diagnosi, probabile durata dei sintomi, eventuale tossicità del farmaco e cosa fare in caso di mancata guarigione
- Documentare: annotare tutte le decisioni e il piano di gestione dell’antibiotico
In ogni caso, l’automedicazione con antibiotici o il loro utilizzo “di scorta” per sintomi lievi sono comportamenti da evitare.
Solo un professionista sanitario può stabilire quando è davvero necessario un antibiotico, tenendo conto del tipo di infezione e delle condizioni specifiche del paziente.
Come scegliere l’antibiotico giusto?
La scelta dell’antibiotico appropriato è un compito che spetta esclusivamente al medico, che si basa su diversi fattori per garantire che il trattamento sia efficace e sicuro. Il tipo di infezione, la localizzazione, la gravità e il patogeno specifico coinvolto sono tutti elementi che influenzano la scelta del farmaco, “di marca” o “equivalente”.
In genere, il processo inizia con la determinazione dell’agente patogeno: il medico può richiedere analisi, come esami colturali o test di sensibilità, per identificare il batterio responsabile e valutare a quali antibiotici risulta più sensibile. Ad esempio, per una cistite, un esame delle urine può evidenziare il batterio responsabile e i farmaci più efficaci contro di esso.
Quando il patogeno non è noto, si può optare per un antibiotico ad ampio spettro in grado di agire su diversi tipi di batteri.
Il medico considera anche altri fattori importanti, come l’età, il peso, le condizioni generali del paziente, eventuali allergie agli antibiotici e altre terapie in corso. Questi aspetti contribuiscono a limitare i rischi di effetti collaterali e garantiscono che l’antibiotico scelto sia compatibile con le specifiche esigenze del paziente.
Inoltre, nel rispetto della classificazione AWaRe, i medici cercano di selezionare antibiotici della categoria Access quando possibile, riservando gli antibiotici Watch e Reserve per casi più gravi o complessi, in modo da limitare la diffusione della resistenza antibiotica.
Scegliere l’antibiotico giusto è quindi un processo complesso che richiede competenza e valutazioni accurate, garantendo non solo l’efficacia del trattamento ma anche un uso responsabile degli antibiotici per proteggere la salute pubblica.
Come assumere correttamente gli antibiotici?
Se il medico, dopo un’accurata valutazione, ha stabilito la necessità di assumere un antibiotico, è essenziale seguire alcune linee guida in modo molto scrupoloso, per assicurarsi di godere degli effetti benefici della terapia.
Ecco cosa fare:
- rispettare il dosaggio e gli orari: è importante seguire esattamente il dosaggio prescritto e gli intervalli tra una dose e l’altra. Gli antibiotici devono mantenere una concentrazione costante nel sangue per essere efficaci. Saltare una dose o modificarne l’orario può compromettere il successo della terapia;
- completare il ciclo di trattamento: anche se i sintomi migliorano dopo alcuni giorni, è fondamentale completare il ciclo indicato dal medico. Sospendere prematuramente l’antibiotico può permettere ai batteri più resistenti di sopravvivere e moltiplicarsi, causando una ricaduta dell’infezione e contribuendo allo sviluppo della resistenza. Non esiste un intervallo di tempo fisso tra due cicli di antibiotici, poiché questo dipende dalla situazione clinica del paziente, dal tipo di infezione e dall’antibiotico utilizzato;
- assumere l’antibiotico con o senza cibo, secondo le indicazioni: alcuni antibiotici devono essere assunti a stomaco pieno per evitare irritazioni gastriche, mentre altri sono più efficaci a stomaco vuoto. Seguire le indicazioni del medico o del farmacista è importante per garantire l’assorbimento ottimale del farmaco;
- evitare alcol e alcuni alimenti: l’alcol può interferire con l’efficacia di alcuni antibiotici e aumentare il rischio di effetti collaterali. Anche certi cibi, come i latticini, possono ridurre l’assorbimento di alcuni antibiotici (ad esempio, le tetracicline). Non è vero, invece, come vorrebbe la vulgata, che non si possono mangiare le uova (salvo casi specifici). A tal proposito, consigliamo la lettura dell’articolo pubblicato sul sito ISSalute.it. In ogni caso, è utile chiedere consiglio al medico o al farmacista riguardo agli alimenti da evitare durante la terapia;
- non condividere mai gli antibiotici con altri: ogni infezione può richiedere un trattamento diverso, e gli antibiotici prescritti a una persona potrebbero non essere adeguati o addirittura dannosi per un’altra;
- conservare gli antibiotici nel modo corretto: alcuni antibiotici devono essere conservati in frigorifero, mentre altri a temperatura ambiente. Controllare le istruzioni per garantire che il farmaco mantenga la sua efficacia per tutta la durata della terapia.
Seguire queste linee guida aiuta a ridurre il rischio di complicanze, garantisce che l’infezione venga trattata correttamente e contribuisce a contrastare il fenomeno della resistenza antibiotica, proteggendo la propria salute e quella pubblica.
Cosa vuol dire quando l’antibiotico va ricostituito?
Quando si dice che un antibiotico “va ricostituito” significa che il farmaco viene fornito in forma di polvere e deve essere miscelato con un liquido, solitamente acqua, per preparare una sospensione orale prima della somministrazione.
Questo procedimento è comune per molti antibiotici destinati a bambini e persone che hanno difficoltà a deglutire compresse o capsule.
La ricostituzione deve essere eseguita seguendo attentamente le istruzioni del produttore o del farmacista, poiché il volume di acqua da aggiungere è specifico per ottenere la concentrazione corretta del farmaco. In genere, il flacone contiene delle indicazioni di livello, e l’acqua va aggiunta gradualmente, agitando bene dopo ogni aggiunta per assicurare una miscelazione uniforme.
È importante sapere che una volta ricostituito, l’antibiotico ha una durata di conservazione limitata (in genere 14 giorni, ma può variare) e spesso deve essere conservato in frigorifero per mantenere la sua stabilità ed efficacia. La data di scadenza della sospensione preparata è generalmente indicata sulla confezione o fornita dal farmacista, ed è cruciale seguire queste indicazioni per evitare l’assunzione di un farmaco inefficace o alterato.
Gli effetti collaterali degli antibiotici e come gestirli
Gli antibiotici, come tutti i farmaci, possono causare effetti collaterali, che variano per tipo e intensità in base all’antibiotico utilizzato e alle caratteristiche individuali del paziente.
Vediamo insieme quali sono i potenziali effetti indesiderati e come gestirli per mantenere la terapia efficace e a ridurre il disagio:
- disturbi gastrointestinali: nausea, vomito, diarrea e dolore addominale sono effetti comuni di molti antibiotici. Per ridurli, può essere utile assumere l’antibiotico durante i pasti, se consigliato dal medico, e bere molta acqua per prevenire la disidratazione. Inoltre, i probiotici possono essere utili per ripristinare la flora intestinale e ridurre il rischio di diarrea associata agli antibiotici;
- allergie e reazioni cutanee: alcuni antibiotici, come le penicilline e le cefalosporine, possono causare reazioni allergiche, che si manifestano con prurito, eruzioni cutanee o, nei casi più gravi, con difficoltà respiratorie e gonfiore. In caso di reazione allergica lieve, contattare il medico, che potrebbe suggerire un antistaminico. In presenza di sintomi più gravi, come difficoltà a respirare o gonfiore al viso e alla gola, è necessario rivolgersi immediatamente a un pronto soccorso;
- fotosensibilità: alcuni antibiotici, come le tetracicline e i fluorochinoloni, possono aumentare la sensibilità della pelle alla luce solare, causando scottature anche dopo un’esposizione breve. È consigliabile evitare l’esposizione diretta al sole e indossare abiti protettivi e creme solari ad alta protezione durante la terapia;
- infezioni da funghi: poiché gli antibiotici possono alterare la normale flora batterica, si può verificare un aumento delle infezioni fungine, come candidosi orale o vaginale. In questi casi, il medico può prescrivere un antifungino per contrastare il problema;
- tossicità epatica o renale: alcuni antibiotici, come quelli appartenenti alle classi degli aminoglicosidi o dei fluorochinoloni, possono essere epato- o nefrotossici, specialmente se assunti per lunghi periodi o in dosi elevate. È fondamentale seguire attentamente le indicazioni del medico e riferire eventuali sintomi come ingiallimento della pelle (ittero), urine scure o gonfiore agli arti.
Gestire gli effetti collaterali degli antibiotici significa prestare attenzione ai sintomi e non esitare a contattare il medico per ricevere consigli su come alleviare i disturbi o eventualmente modificare la terapia.