Il Piano Sanitario del Fondo Enfea Salute garantisce ai propri iscritti il rimborso delle spese sostenute per svariate indagini di alta specializzazione, tra cui l’emogasanalisi arteriosa.
Si tratta di un esame invasivo, finalizzato alla misurazione dei livelli di ossigeno e anidride carbonica presenti nel sangue, di solito prescritto dai medici per determinare l’efficacia della funzione polmonare del paziente.
Un altro valore misurato attraverso l’emogasanalisi arteriosa è il PH del sangue, come vedremo più nel dettaglio più avanti nel corso dell’articolo.
Ma andiamo per gradi, e cerchiamo di capire cos’è e come si esegue una emogasanalisi arteriosa.
Di cosa parliamo in questo articolo
Cos’è una emogasanalisi arteriosa
Il termine emogasanalisi arteriosa ci fornisce già un indizio alquanto chiaro sulla natura di questo esame. Infatti, il termine emo significa sangue, mentre con la parola gas si fa riferimento ai gas presenti nel sangue, nello specifico ossigeno (O2) e anidride carbonica (CO2).
Come già anticipato, tramite questo esame si analizzano i livelli di ossigeno e anidride carbonica nel sangue, ma anche il livello acido-base (pH) del corpo, che di solito è in equilibrio quando si è in buona salute.
Sappiamo che ogni cellula del nostro corpo ha bisogno di ossigeno per vivere. Quando inspiriamo ed espiriamo, i polmoni immettono l’ossigeno nel sangue ed espellono l’anidride carbonica. Questo processo, chiamato scambio di gas, fornisce l’ossigeno di cui noi e tutte le nostre cellule abbiamo bisogno per sopravvivere.
Quindi, quando un paziente manifesta difficoltà a respirare, il medico può utilizzare un emogasanalisi arteriosa per capire qual è la causa del problema.
Perché viene prescritto questo esame
Il medico può richiedere un esame dell’emogasanalisi arteriosa in presenza di diverse condizioni, che segnalano un possibile problema all’apparato respiratorio ma anche ai reni.
Le ragioni principali per eseguire questo esame sono:
- verificare la presenza di gravi problemi respiratori e polmonari come asma, fibrosi cistica, broncopneumopatia cronica ostruttiva o apnea ostruttiva del sonno;
- controllare l’efficacia della terapia in atto per affrontare i problemi polmonari precedentemente diagnosticati;
- controllare se il paziente ha bisogno di ossigeno extra o altro aiuto per la respirazione;
- controllare l’equilibrio acido-base, ovvero il PH. Infatti, un Ph troppo acido potrebbe essere causato da insufficienza renale, una grave infezione, ingestione di sostanze tossiche specifiche o complicanze del diabete.
In merito a quest’ultimo punto, è bene forse ricordare che l’organismo di un individuo regola il pH nel sangue al fine di mantenerlo entro un range di 7.35- 7.45, evitando così al sangue di diventare troppo acido (acidosi) o troppo basico/alcalino (alcalosi).
Un individuo in buona salute, quindi, avrà un livello di pH nel sangue entro quel parametro di riferimento.
Come si esegue l’esame
A distinguere questo test dagli esami del sangue a cui siamo più abituati, come quelli del PSA, la creatinina o il TSH reflex, è la natura del prelievo.
Infatti, mentre quelli menzionati sono tutti eseguiti tramite un prelievo venoso, l’emogasanalisi arteriosa necessita, appunto, di un campione di sangue arterioso.
Perché? Qual è la differenza tra il sangue venoso e quello arterioso? Semplificando, possiamo dire che il primo trasporta i prodotti di scarto ai polmoni e ai reni, mentre il secondo trasporta l’ossigeno nell’organismo.
Di conseguenza, i livelli di O2 e CO2 e il pH del sangue non saranno gli stessi nei due diversi campioni di sangue, ecco perché si predilige il prelievo arterioso, anche se è più invasivo.
L’esame non richiede una preparazione particolare, ma è opportuno riferire al medico i farmaci che si stanno eventualmente assumendo. Se il paziente è in ossigeno-terapia, essa dovrà essere interrotta per 20-25 minuti al fine di eseguire il prelievo. Se questo non può avvenire, allora sarà necessario calcolare l’ossigeno erogato al fine di ottenere il dato di base.
Il campione di sangue viene raccolto di solito dalle arterie radiali del polso, localizzate all’interno del polso, sotto al pollice, dove si può sentire il battito. In alternativa, può inoltre essere raccolto dall’arteria brachiale nel gomito o dall’arteria femorale nell’inguine, anche se in questi casi è necessaria una preparazione accurata.
Nei bambini, invece, spesso si preferisce procedere al prelievo di sangue dal tallone; in presenza di difficoltà respiratorie alla nascita, il sangue deve essere raccolto sia dall’arteria ombelicale che dalla vena ombelicale e testato separatamente.
Raccogliere sangue da un’arteria in genere fa più male che prelevarlo da una vena, in quanto le arterie sono più profonde delle vene e ci sono nervi sensibili nelle vicinanze.
Durante il prelievo è possibile avvertire un certo fastidio, ma anche sentirsi storditi, o nauseati. Alcuni pazienti possono addirittura svenire.
Dopo il prelievo arterioso è necessario esercitare una pressione sul punto di ingresso dell’ago per diversi minuti (dai 5 ai 15), perché impiega molto più tempo a smettere di sanguinare rispetto a quello venoso. Quando si interrompe il sanguinamento, è possibile terminare l’esame.
Cosa emerge dall’emogasanalisi arteriosa
Terminato il prelievo, sarà possibile analizzare i risultati della emogasanalisi in tempi abbastanza rapidi.
Premesso che non basta questo esame per diagnosticare una condizione patologica, i risultati possono indicare se:
- il paziente sta ricevendo abbastanza ossigeno;
- i polmoni espirano abbastanza anidride carbonica;
- i reni funzionano correttamente;
- il paziente ha una grave infezione che causa la perfusione, ovvero il trasferimento di sangue, agli altri organi.
Sarà il medico ad analizzare i dati raccolti e valutare come procedere.