Quando si parla di assunzioni e contratti di lavoro si tende a concentrare l’attenzione solo su alcuni elementi, in particolare quelli di carattere economico (salario, retribuzione, straordinario, ecc.), sottovalutando benefit e vantaggi offerti al lavoratore.
Ci riferiamo al cosiddetto welfare aziendale, al cui interno confluiscono misure diverse, come i buoni pasto, passando per la flessibilità negli orari di lavoro (leggi smart working), l’assistenza burocratico-legale, il telelavoro, fino a prestazioni più complesse, come l’assistenza sanitaria integrativa, le convenzioni per gli asili nido, l’assistenza ai non autosufficienti, e così via.
Pensare che i lavoratori siano interessati solo alla componente economica nella valutazione di un’offerta di lavoro, o del lavoro presso una data impresa, rappresenta un punto di vista limitato.
Approfondiamo insieme.
Di cosa parliamo in questo articolo
Il ruolo del welfare aziendale
Nonostante la lentezza nella sua diffusione a livello capillare – in particolare nelle micro imprese – il welfare aziendale ha assunto un ruolo sempre più centrale nelle dinamiche economico-sociali, facendo emergere aspetti in precedenza ignorati.
Come accennato prima, infatti, non è affatto vero che per il lavoratore l’unica cosa che conta è lo stipendio.
Oggi viene attribuita un’importanza sempre maggiore al welfare aziendale, anche se molti studi hanno evidenziato una distanza importante tra ciò che desiderano i lavoratori e ciò che viene invece offerto loro.
L’emergenza della pandemia, invece, ha reso evidente la possibilità di una maggiore diffusione del “lavoro agile”, ovvero dello smart working.
Ad esempio, studi confermano che circa il 50% dei lavoratori gradirebbe usufruire del telelavoro, ma solo il 20% delle imprese intervistate lo offre.
Detto questo, è innegabile che la contrattazione integrativa consente di offrire al lavoratore un migliore ambiente nel quale lavorare, e che per l’azienda questo si traduce in un aumento della produttività.
Banalmente, più i lavoratori sono felici, meglio svolgeranno le loro mansioni.
Il Welfare aziendale non riguarda solo il lavoro
Un altro errore spesso commesso consiste nel considerare il welfare aziendale un valore aggiunto solo dal punto di vista lavorativo, per i vantaggi che questo comporta per lavoratori e impresa.
In realtà, soprattutto quando si parla di prestazioni che riguardano profili di rischio sociale, come l’assistenza sanitaria integrativa, l’assistenza alla non autosufficienza, la conciliazione vita-lavoro, il welfare aziendale ricopre anche un importante ruolo socio-economico.
Garantendo questi servizi ai propri dipendenti, con particolare riguardo per le posizioni meno retribuite, l’impresa contribuisce a migliorare la qualità della vita del lavoratore al di fuori delle “quattro mura” dell’azienda.
Non bisogna dimenticare, in effetti, che il termine Welfare indica un “sistema sociale che vuole garantire a tutti i cittadini la fruizione dei servizi sociali ritenuti indispensabili” (definizione di dizionari.corriere.it).
Il Rapporto Welfare Index PMI 2019 elenca dodici aree del welfare aziendale:
- Previdenza integrativa
- Sanità integrativa
- Servizi di assistenza
- Polizze assicurative
- Conciliazione vita e lavoro, sostegno ai genitori
- Sostegno economico ai dipendenti
- Formazione per i dipendenti
- Sostegno all’istruzione di figli e familiari
- Cultura e tempo libero
- Sostegno ai soggetti deboli e integrazione sociale
- Sicurezza e prevenzione degli incidenti
- Welfare allargato alla comunità
Welfare aziendale e sanità integrativa
Secondo le rilevazioni riportate nel Rapporto Welfare Index PMI 2019, nel 2019 quasi la metà delle PMI italiane (45,7%) ha attivato iniziative di sanità integrativa e assistenza a beneficio dei propri lavoratori e, in alcuni casi, dei familiari.
Si tratta, come si evince dal grafico, di un impegno in costante crescita:
- nel 2016, primo anno dell’indagine, offriva questi servizi il 32,2% delle PMI;
- nel 2018 (terza edizione) la percentuale era salita al 42,0%;
- nel 2019 il 7,2% delle PMI hanno allargato la propria iniziativa in quest’area.
La sanità integrativa risulta una priorità per il welfare aziendale sia all’interno dei Contratti Collettivi Nazionali (come nel caso dei CCNL UNIGEC/UNIMATICA, UNIONCHIMICA, UNIONTESSILE e UNIONALIMENTARI), sia negli accordi aziendali, locali e territoriali.
“Gli strumenti più diffusi di contributo alle spese sanitarie si confermano i fondi sanitari di categoria istituiti dai CCNL: vi aderiscono il 25,6% delle PMI”.
Questo conferma il ruolo essenziale dei CCNL e dei Fondi di assistenza sanitaria integrativa da essi previsti all’interno del welfare aziendale, come il Fondo Enfea Salute.