Qual è la differenza tra linfoma di Hodgkin e il linfoma non-Hodgkin?

da | Lug 21, 2025 | Salute

Il linfoma è un tumore che ha origine dal sistema linfatico, una rete di vasi e organi che svolge un ruolo cruciale nella difesa immunitaria dell’organismo e nel mantenimento dell’equilibrio dei fluidi corporei. Sebbene i nomi siano simili, il linfoma di Hodgkin (LH) e i linfomi non-Hodgkin (LNH) – che prendono il nome dal medico inglese Thomas Hodgkin, il quale descrisse per la prima volta la patologia nel 1832 – rappresentano due categorie distinte di malattia.

La differenza principale tra i due, come vedremo più nel dettaglio nel corso dell’articolo, è la presenza delle cellule di Reed-Sternberg nel linfoma di Hodgkin, che sono grosse cellule tumorali con più nuclei. Queste cellule sono assenti nei linfomi non-Hodgkin, che invece comprendono un gruppo eterogeneo di oltre 50 malattie diverse che coinvolgono i linfociti B o T.

Data questa fondamentale distinzione istologica, le due tipologie di linfoma presentano anche caratteristiche, approcci diagnostici e terapeutici differenti

Proviamo a chiarire queste differenze in modo semplice e completo, fornendo una panoramica chiara di queste importanti patologie.

Comprendere il linfoma: introduzione al sistema linfatico

Per spiegare le differenze tra linfoma di Hodgkin e non-Hodgkin è necessario prima parlare di sistema linfatico e di linfomi.

Cos’è il sistema linfatico e a cosa serve? 

Il sistema linfatico è una complessa rete di vasi e organi che svolge un ruolo cruciale nella difesa immunitaria dell’organismo e nel mantenimento dell’equilibrio dei fluidi corporei

È costituito da una rete di vasi linfatici e da diversi organi linfoidi. Gli organi linfoidi primari includono il timo e il midollo osseo, mentre gli organi linfoidi secondari comprendono i linfonodi e la milza. Linfonodi, milza, timo e midollo osseo, insieme a numerosi altri organi, compongono il tessuto linfatico.

La funzione principale di questo sistema è la difesa dell’organismo dagli agenti esterni e dalle infezioni

Le cellule chiave del sistema linfatico sono i linfociti, un tipo specifico di globuli bianchi che combattono le infezioni

Esistono due principali tipi di linfociti: 

  1. linfociti B: sono responsabili della produzione di anticorpi, essenziali per contrastare alcune infezioni;
  2. linfociti T: giocano un ruolo fondamentale nella regolazione del sistema immunitario e nella lotta contro le infezioni virali.

Cosa sono i linfomi?

I linfomi sono tumori che hanno origine dai linfociti. Questa patologia si sviluppa quando i linfociti, che sono globuli bianchi presenti nel sangue e nel tessuto linfatico di linfonodi, milza, timo e midollo osseo, proliferano in modo incontrollato. 

Possono svilupparsi sia dai linfociti B che dai linfociti T. Il linfoma può insorgere in qualsiasi parte del corpo in cui siano presenti linfonodi o altri componenti del tessuto linfatico.

L’importanza della biopsia

In caso di sospetto di linfoma, in presenza di linfoadenopatie non dolenti o altri sintomi suggestivi, è indispensabile rivolgersi al medico per una visita accurata e la prescrizione di esami di approfondimento. 

Per formulare la diagnosi di linfoma di Hodgkin e per differenziarlo dal linfoma non-Hodgkin e da altre condizioni che causano l’ingrossamento dei linfonodi, è necessario eseguire una biopsia, che consiste nel prelevare un frammento di linfonodo o l’intero linfonodo, o un campione congruo della massa tumorale, per esaminarlo al microscopio. 

Questa procedura è fondamentale per ottenere la diagnosi istologica. Generalmente, la biopsia è eseguita in anestesia locale e non richiede il ricovero, sebbene per linfonodi profondi possa essere necessaria l’anestesia generale. 

Per ottenere una quantità sufficiente di tessuto, la modalità migliore è la biopsia escissionale (rimozione di un pezzo di linfonodo tramite piccola incisione). Talvolta, per linfonodi più superficiali, si può ricorrere all’agobiopsia (prelievo con ago cavo sotto guida ecografica o TC). 

Le cellule di Reed-Sternberg: il marcatore del Linfoma di Hodgkin

La distinzione fondamentale tra il linfoma di Hodgkin (LH) e i linfomi non-Hodgkin (LNH) risiede nella presenza di un particolare tipo di cellula tumorale, definita cellula di Reed-Sternberg, grosse cellule anomale, spesso binucleate (dotate di più nuclei), il cui aspetto caratteristico può essere osservato al microscopio nell’esame del campione di tessuto linfonodale raccolto con la biopsia.

Nel linfoma di Hodgkin, la biopsia rivela la presenza di queste cellule di Reed-Sternberg immerse in un infiltrato cellulare eterogeneo, composto da altre cellule come istiociti, linfociti, monociti, plasmacellule ed eosinofili. 

La loro presenza definisce il linfoma di Hodgkin. Viceversa, l’assenza di queste cellule porta alla diagnosi di linfoma non-Hodgkin. I linfomi non-Hodgkin, infatti, a differenza del LH, sono un gruppo eterogeneo che comprende oltre 50 malattie diverse che coinvolgono i linfociti B o T, ma senza le caratteristiche cellule di Reed-Sternberg.

Il linfoma di Hodgkin (LH): caratteristiche principali

Il linfoma di Hodgkin (LH) è un tumore relativamente raro, che colpisce circa 3-4 persone ogni 100.000 abitanti annualmente. Nonostante la sua rarità complessiva, è uno dei tumori più frequenti nella fascia d’età compresa tra i 15 e i 35 anni, in particolare tra i 20 e i 30 anni. 

Si manifesta più comunemente in due fasce d’età: nei giovani adulti (15-40 anni) e nei soggetti con più di 60 anni. La malattia è leggermente più comune negli uomini rispetto alle donne. I casi di linfoma di Hodgkin rappresentano circa il 10% di tutti i casi di linfoma.

Modalità di diffusione

Il linfoma di Hodgkin è un tumore che ha origine dai linfociti B, e si sviluppa spesso all’interno dei linfonodi. Più frequentemente coinvolge i linfonodi della metà superiore del corpo, come quelli del collo, delle ascelle o del torace. Sebbene possa insorgere in qualsiasi parte del corpo in cui siano presenti linfonodi o altri componenti del tessuto linfatico, una particolarità del linfoma di Hodgkin è che tende a diffondersi in modo ordinato e contiguo da un gruppo di linfonodi a quelli adiacenti

La classificazione in stadi (Ann-Arbor o Cotswold) riflette questa diffusione: lo stadio II, ad esempio, indica il coinvolgimento di due o più stazioni linfoghiandolari vicine l’una all’altra, tutte sopra o tutte sotto il diaframma. Lo stadio III coinvolge stazioni linfoghiandolari sia sopra che sotto il diaframma, mentre lo stadio IV indica un coinvolgimento esteso di multiple stazioni linfonodali e di altri organi extralinfonodali, come polmoni, fegato o ossa.

Sintomi comuni

Il primo sintomo più comune del linfoma di Hodgkin è solitamente l’ingrossamento indolore di uno o più linfonodi, localizzati per lo più nel collo, ma talvolta anche nel cavo ascellare o inguinale. 

L’ingrossamento dei linfonodi, però, non è sempre sinonimo di linfoma, poiché nella maggior parte dei casi è dovuto a condizioni benigne come delle semplici infezioni. In rari casi, i linfonodi ingrossati possono essere dolorosi per qualche ora dopo l’assunzione di bevande alcoliche.

Oltre all’ingrossamento dei linfonodi, i soggetti affetti da linfoma di Hodgkin possono lamentare altri sintomi sistemici, noti come “sintomi B”, la cui presenza influisce sulla stadiazione della malattia. Questi includono:

  • febbre inspiegabile (oltre i 37,5 °C circa) per almeno 3 giorni consecutivi;
  • sudorazioni notturne abbondanti e profuse;
  • perdita inspiegabile di oltre il 10% del peso corporeo nei 6 mesi precedenti.

Altri sintomi meno specifici, ma comunque presenti, possono essere:

  • prurito diffuso senza eruzioni cutanee visibili;
  • stanchezza cronica e debolezza generale;
  • mancanza di appetito.

Se le cellule tumorali si localizzano profondamente, ad esempio nel torace (mediastino) o nell’addome, possono causare sintomi indiretti come tosse, dolore toracico o respiro affannoso, o disturbi addominali.

Prognosi e tassi di guarigione

Grazie ai progressi della medicina e delle terapie, il linfoma di Hodgkin è oggi una delle neoplasie con il più alto tasso di guarigione. La possibilità di guarigione è elevata, specialmente se diagnosticato in fase iniziale. I tassi di sopravvivenza a lungo termine sono superiori all’80-90% nei pazienti trattati precocemente.

Le percentuali di guarigione variano in base allo stadio della malattia:

  • circa l’85-90% dei soggetti con malattia in stadio I o II viene curato, spesso con chemioterapia da sola o associata a radioterapia;
  • il tasso di guarigione per i soggetti con malattia in stadio III varia tra il 75% e l’80%;
  • anche per i soggetti con malattia allo stadio IV, le percentuali di guarigione sono superiori al 60%.

La maggior parte dei pazienti guarisce e può riprendere una vita normale dopo il trattamento, anche se permane la necessità di sottoporsi a controlli periodici per monitorare la salute generale. In caso di recidiva (ricomparsa delle cellule linfomatose), il paziente può ancora essere curato, con percentuali di guarigione che possono raggiungere almeno il 50%.

Il linfoma non-Hodgkin (LNH)

I linfomi non-Hodgkin (LNH) sono un gruppo eterogeneo di tumori che originano dai linfociti, più diffusi del linfoma di Hodgkin, rappresentando circa il 3% di tutte le neoplasie in Italia e la quinta forma di cancro più comune negli uomini e la sesta nelle donne nella popolazione occidentale. 

L’incidenza dei LNH tende ad aumentare con l’avanzare dell’età, con oltre la metà dei casi che riguarda persone con più di 65 anni. L’età mediana di insorgenza è compresa tra i 50 e i 60 anni, anche se possono presentarsi a ogni età.

Le cause esatte dei LNH non sono ancora del tutto chiare, ma sono stati identificati diversi fattori di rischio:

  • età e sesso: il LNH è più comune tra gli adulti, in particolare dopo i 65 anni, e gli uomini sono in genere più a rischio delle donne, sebbene alcuni tipi siano più frequenti nelle donne;
  • immunodeficienza: persone con sindromi di immunodeficienza ereditarie (come atassia-teleangectasia, sindrome di Klinefelter, sindrome di Chédiak-Higashi e sindrome di Wiskott-Aldrich), immunodeficienze acquisite (causate da disturbi come l’infezione da HIV o da farmaci utilizzati dopo il trapianto d’organo) o malattie autoimmuni, possono avere un rischio maggiore;
  • infezioni: il virus di Epstein-Barr (EBV) è associato al linfoma di Burkitt e può aumentare il rischio di LNH. Anche l’infezione da Helicobacter pylori è associata al rischio di alcuni linfomi che si sviluppano nello stomaco, così come il virus dell’epatite C, l’herpes virus del sarcoma di Kaposi e il virus T-linfotropico umano di tipo 1 (HTLV-1);
  • esposizione a sostanze: l’esposizione a radiazioni ionizzanti (per esempio per trattamenti medici precedenti) o a sostanze chimiche come erbicidi e insetticidi, può aumentare il rischio;
  • familiarità: avere un familiare stretto affetto da linfoma non-Hodgkin può aumentare il rischio.

I sottotipi del linfoma non-Hodgking

Il termine “linfoma non-Hodgkin” (LNH) non si riferisce a una singola malattia, ma è un gruppo eterogeneo di tumori. Esistono oltre 50, o anche oltre 70, o più di 40 forme diverse di LNH, ciascuna con un peculiare quadro istologico, immunoistochimico e genetico-molecolare, che determinano un diverso andamento clinico e un approccio terapeutico specifico.

La prima distinzione dei LNH viene fatta tra i linfomi che derivano dai linfociti B e quelli che derivano dai linfociti T. La maggior parte interessa i linfociti B, rappresentando l’80-85% dei casi. Il resto si sviluppa nei linfociti T (15-20% dei casi). Ogni categoria è ulteriormente suddivisa in numerosi sottogruppi che tengono conto della velocità di crescita delle cellule tumorali (aggressività della malattia), del loro aspetto al microscopio, delle molecole che esprimono e delle caratteristiche genetiche.

I LNH vengono distinti principalmente in due categorie basate sulla loro velocità di crescita e progressione:

  • linfomi indolenti (o a basso grado di malignità): questi linfomi crescono lentamente e hanno un decorso clinico più lento. Tendono a ripresentarsi anche a distanza di diversi anni, sebbene presentino elevate percentuali di remissioni e risposte durature con i moderni approcci terapeutici. Il linfoma follicolare (FL) è il linfoma indolente più frequente;
  • linfomi aggressivi (o ad alto grado di malignità): questi linfomi progrediscono rapidamente e richiedono spesso un trattamento tempestivo. Il linfoma B diffuso a grandi cellule (DLBCL) è la forma aggressiva più comune, rappresentando circa il 40% di tutti i linfomi aggressivi.

Modalità di diffusione e sintomi principali

A differenza del linfoma di Hodgkin, che tende a diffondersi in modo ordinato, il LNH è spesso già diffuso nell’organismo al momento della diagnosi. Può svilupparsi nei linfonodi o in altri organi e sistemi, inclusi stomaco, intestino, fegato, osso e, più raramente, cute e sistema nervoso centrale.

I sintomi del LNH variano notevolmente a seconda del sottotipo e della sede coinvolta. Il primo sintomo più comune è spesso un ingrossamento rapido e generalmente indolore di uno o più linfonodi, localizzati nel collo, nelle ascelle o nell’inguine. Tuttavia, l’ingrossamento dei linfonodi nella maggior parte dei casi non è causato da linfoma, ma da infezioni.

Oltre all’ingrossamento dei linfonodi, i soggetti possono manifestare sintomi sistemici, noti anch’essi come “sintomi B”, che includono:

  • febbre persistente (spesso pomeridiana o inspiegabile);
  • sudorazioni notturne abbondanti e profuse;
  • perdita di peso inspiegabile (oltre il 10% del peso corporeo).

Altri sintomi meno specifici, ma comunque presenti, possono essere:

  • prurito diffuso senza eruzioni cutanee visibili;
  • stanchezza cronica e debolezza generale (affaticamento);
  • mancanza di appetito.

Se i linfonodi ingrossati premono su organi specifici, possono causare sintomi indiretti:

  • tosse, dolore al petto e difficoltà respiratorie se coinvolgono il torace;
  • dolore o distensione addominale, gonfiore e ingrossamento di milza o stomaco, nausea o senso di pressione/pienezza se la malattia è addominale;
  • ittero se le cellule linfomatose ostacolano il passaggio della bile dal fegato;
  • gonfiore di gambe e piedi (linfedema) se ostruiscono il flusso della linfa dagli arti;
  • mal di testa, debolezza di alcune parti del corpo e disturbi neurologici (come difficoltà di parola) in caso di linfomi cerebrali.

Infine, possono manifestarsi sintomi legati all’invasione del midollo osseo, come debolezza e stanchezza da anemia (scarsità di globuli rossi), predisposizione a infezioni e febbre da carenza di globuli bianchi, e emorragia da scarsità di piastrine.

Prognosi

La prognosi del linfoma non-Hodgkin è estremamente variabile e dipende da diversi fattori, tra cui il tipo specifico di LNH (indolente o aggressivo) e lo stadio della malattia al momento della diagnosi.

  • Linfomi indolenti:
    • presentano un andamento clinico più lento e, in genere, consentono una sopravvivenza di molti anni, anche quando non si ottiene l’eradicazione completa della malattia;
    • i linfomi asintomatici rispondono rapidamente al trattamento e vanno in fase di remissione (controllo della malattia) con buona sopravvivenza a lungo termine, ma solitamente non si ottiene la guarigione definitiva con le attuali terapie standard;
    • in alcuni casi, soprattutto in fase iniziale, può essere consigliato un periodo di attesa vigile con controlli frequenti, poiché le terapie precoci potrebbero non aggiungere efficacia e causare effetti indesiderati non necessari.
  • Linfomi aggressivi:
    • sono caratterizzati da un decorso clinico più rapido e richiedono spesso un trattamento tempestivo e intensivo;
    • paradossalmente, i linfomi aggressivi hanno maggiori probabilità di guarigione completa rispetto ai linfomi indolenti, sebbene richiedano trattamenti più intensi per andare in remissione.

In Italia, le possibilità di guarire dai LNH sono del 24% circa per gli uomini e del 30% per le donne. Tuttavia, la maggior parte dei soggetti guarisce o sopravvive per molti anni. Sebbene la PET/TC combinata sia la tecnica più sensibile per determinare lo stadio e valutare la risposta al trattamento, la negatività della PET è considerata tra i criteri fondamentali per definire la risposta completa al trattamento in alcuni sottotipi di malattia. 

Come si arriva alla diagnosi?

Il sospetto di linfoma emerge in presenza di linfoadenopatie (linfonodi ingrossati) non dolenti e persistenti, spesso al collo, ascelle o inguine, che si protraggono per diverse settimane, talvolta accompagnate da sintomi come febbre, sudorazioni notturne e calo di peso inspiegabile. 

In questi casi, è fondamentale rivolgersi al medico, che, dopo un esame obiettivo e una anamnesi del paziente, potrà prescrivere degli esami diagnostici, tra cui i seguenti:

  • esami del sangue: vengono eseguiti fin dall’accertamento della malattia per valutare lo stato generale di salute, i valori dei globuli bianchi, rossi, piastrine e la funzionalità di organi come fegato e reni;
  • biopsia del linfonodo: come spiegato, è l’esame fondamentale e indispensabile per la diagnosi. Nel linfoma di Hodgkin, la biopsia rivela la presenza delle caratteristiche cellule di Reed-Sternberg, assenti nel linfoma non-Hodgkin;
  • biopsia del midollo osseo: il prelievo di un campione di midollo osseo (di norma dal bacino) serve a verificare la presenza di cellule cancerose al suo interno. Non è sempre necessaria, specialmente in alcuni tipi di LH o LNH se la PET/TC è affidabile nel rilevare il coinvolgimento del midollo osseo;
  • rachicentesi diagnostica (puntura lombare): viene eseguita per prelevare un campione di liquido cefalorachidiano per verificare l’eventuale presenza di cellule linfomatose a livello del sistema nervoso centrale, specialmente in alcune forme aggressive di LNH o in presenza di sintomi neurologici;
  • radiografia (Rx): utilizzata per verificare la diffusione al torace e ai polmoni;
  • tomografia assiale computerizzata (TAC): consente di valutare l’estensione della malattia e la sua localizzazione nel corpo, spesso con mezzo di contrasto;
  • tomografia a emissione di positroni (PET): si basa sul principio che i tumori consumano più glucosio rispetto alle cellule sane. Viene somministrato un composto contenente zucchero radioattivo, e le aree che assorbono più glucosio vengono visualizzate. La PET/TC combinata è considerata la tecnica più sensibile per determinare lo stadio e per valutare la risposta al trattamento, distinguendo il tessuto cicatriziale dal linfoma attivo. È fondamentale per valutare la risposta precoce alla terapia nel LH e guidare l’intensità del trattamento;
  • risonanza Magnetica (RM) e scintigrafia: possono essere prescritte per valutare il grado di diffusione della malattia in tutto il corpo, specialmente in presenza di sintomi del sistema nervoso.

Stadiazione

Una volta diagnosticata la malattia, è fondamentale valutarne la diffusione nell’organismo attraverso la stadiazione. Questo sistema di classificazione è essenziale per la diagnosi e la prognosi, e per definire le cure più appropriate

Sia il linfoma di Hodgkin che i linfomi non-Hodgkin sono classificati con il sistema di Ann-Arbor o la sua versione aggiornata, la classificazione di Cotswold. Entrambi distinguono quattro stadi di malattia (I, II, III, IV):

  • Stadio I: coinvolgimento di una singola stazione linfonodale o di un singolo organo extralinfonodale;
  • Stadio II: coinvolgimento di due o più stazioni linfonodali vicine tra loro, sullo stesso lato del diaframma, oppure estensione a un organo adiacente con o senza altri linfonodi sullo stesso lato;
  • Stadio III: coinvolgimento di multiple stazioni linfonodali sia sopra che sotto il diaframma;
  • Stadio IV: coinvolgimento esteso di multiple stazioni linfonodali e di altri organi extralinfonodali, come polmoni, fegato, midollo osseo o ossa.

Per maggiore precisione, agli stadi possono essere associate delle lettere:

  • A: nessun sintomo;
  • B: presenza di sintomi specifici come febbre inspiegabile (oltre 37,5°C per 3 giorni consecutivi), sudorazioni notturne abbondanti e perdita di peso inspiegabile (oltre il 10% del peso corporeo nei 6 mesi precedenti);
  • E: malattia che coinvolge organi adiacenti alla struttura linfonodale interessata;
  • S: malattia che coinvolge la milza;
  • X: massa tumorale “bulky” (voluminosa), con un diametro massimo superiore a 10 cm o che interessa più di un terzo del diametro toracico.

Per i LNH, è anche molto utilizzato l’indice prognostico internazionale (IPI), che classifica il rischio in base a cinque criteri: età, stadio della malattia, estensione extra linfatica, performance status e livello di LDH.

Come si curano?

Il trattamento dei linfomi dipende dallo stadio della malattia, dal sottotipo specifico e dalle condizioni generali del paziente. Il linfoma di Hodgkin è oggi una delle neoplasie con il più alto tasso di guarigione, con percentuali di successo molto elevate. Anche per i LNH, la maggior parte dei soggetti guarisce o sopravvive per molti anni.

Le principali opzioni terapeutiche includono:

  • chemioterapia: è il trattamento più comune e viene impiegata per trattare la malattia a qualsiasi stadio. Generalmente, si utilizza una polichemioterapia, cioè una combinazione di più farmaci chemioterapici;
  • radioterapia: è utilizzata soprattutto nei pazienti con malattia localizzata o come cura di consolidamento per sterilizzare le sedi di malattia voluminosa dopo la chemioterapia. Le sedute sono brevi e quotidiane per diverse settimane;
  • immunoterapia e terapie mirate: questi farmaci “intelligenti” o “a bersaglio” colpiscono in modo specifico le cellule tumorali. Rientrano in questo gruppo gli anticorpi monoclonali, i checkpoint inhibitors, le cellule CAR-T;
  • trapianto di cellule staminali ematopoietiche: viene considerato nei casi più avanzati, refrattari o recidivanti, dopo chemioterapia intensiva. Può essere:
    • autologo: vengono utilizzate le cellule staminali del paziente stesso;
    • allogenico: vengono utilizzate cellule staminali compatibili da un donatore (fratello o non consanguineo). Questo tipo di trapianto comporta rischi maggiori e viene utilizzato meno frequentemente.

Al termine del trattamento, i pazienti vengono sottoposti a esami e visite regolari per un periodo di almeno 5 anni, al fine di rilevare un’eventuale recidiva del linfoma.

Domande frequenti (FAQ)

Cos’è il linfoma e qual è la differenza tra Linfoma di Hodgkin (LH) e Linfoma non-Hodgkin (LNH)?

Il linfoma è un tumore che ha origine dai linfociti, un tipo di globuli bianchi presenti nel sistema linfatico. La differenza principale tra Linfoma di Hodgkin (LH) e Linfoma non-Hodgkin (LNH) risiede nella presenza di un particolare tipo di cellula tumorale, definita cellula di Reed-Sternberg, caratteristica del LH e assente nei LNH. I LNH sono un gruppo eterogeneo con oltre 70 sottotipi, che possono derivare da linfociti B o T.

Quali sono le cause e i fattori di rischio noti per i Linfomi?

Le cause esatte dei linfomi non sono completamente note. Tuttavia, per entrambi i tipi, il virus di Epstein-Barr (EBV) è associato a un aumentato rischio. Altri fattori includono un sistema immunitario indebolito (es. infezione da HIV, malattie autoimmuni, terapie immunosoppressive), l’esposizione a radiazioni ionizzanti o sostanze chimiche, e per i LNH, anche il virus dell’epatite C o l’Helicobacter pylori. La familiarità può leggermente aumentare il rischio.

Quale dei due linfomi è più grave? 

Il Linfoma di Hodgkin è oggi una delle neoplasie con il più alto tasso di guarigione, con percentuali di successo molto elevate, spesso superiori all’80-90%. Per i Linfomi non-Hodgkin, la prognosi varia ampiamente a seconda del sottotipo: alcuni sono indolenti (crescita lenta, sopravvivenza di molti anni, ma spesso senza guarigione con terapie standard), mentre altri sono aggressivi (progressione rapida, ma con alte probabilità di guarigione con trattamenti intensivi).

Quali sono i sintomi comuni del Linfoma di Hodgkin e del Linfoma non-Hodgkin? 

Il sintomo più frequente per entrambi è l’ingrossamento indolore dei linfonodi, spesso al collo, alle ascelle o all’inguine. Altri sintomi comuni, noti come “sintomi B”, includono febbre persistente, sudorazioni notturne abbondanti e perdita di peso inspiegabile. Possono manifestarsi anche prurito diffuso, stanchezza cronica e difficoltà respiratorie o dolore toracico se i linfonodi nel torace sono ingrossati.

Un linfonodo ingrossato è sempre un segno di linfoma?

No, l’ingrossamento dei linfonodi non è sempre un segno di linfoma. Spesso è una risposta a infezioni o infiammazioni, poiché i linfonodi si ingrossano per combattere gli agenti esterni. Le fonti indicano che solo circa il 15% dei casi di linfonodi ingrossati è causato da un tumore, mentre per più dell’80% è riconducibile a malattie benigne.

I linfomi sono ereditari o contagiosi?

I linfomi non sono considerati malattie ereditarie. Sebbene possa esserci una lieve predisposizione familiare o un leggero aumento del rischio se un parente stretto è affetto, non sono contagiosi.

È possibile prevenire il Linfoma?

Non esistono strategie di prevenzione specifiche per il Linfoma di Hodgkin, dato che le sue cause non sono del tutto chiare. Per i Linfomi non-Hodgkin, non è possibile prevenirne l’insorgenza se non evitando l’esposizione ai pochi fattori di rischio noti, come alcune infezioni virali (EBV, HIV), sostanze chimiche, radiazioni e fattori di rischio generali come obesità e sovrappeso.

Si può guarire completamente dal linfoma?

Sì, in molti casi è possibile la guarigione completa. Il Linfoma di Hodgkin ha tassi di guarigione molto alti, con la maggior parte dei pazienti che guarisce, specialmente se diagnosticato in fase iniziale. Anche per i Linfomi non-Hodgkin aggressivi, la guarigione è possibile con trattamenti intensivi. Tuttavia, alcuni sottotipi di LNH indolenti tendono a ripresentarsi nel tempo, e in questi casi si gestisce la malattia per molti anni piuttosto che puntare alla guarigione completa con le terapie standard attuali.

Cosa sono esattamente i “sintomi B”?

I “sintomi B” sono un insieme di sintomi sistemici specifici che indicano la presenza di un’attività più significativa della malattia e vengono utilizzati nella stadiazione per affinare la prognosi. Questi includono: febbre inspiegabile (superiore a 37,5°C circa per 3 giorni consecutivi o persistente), sudorazioni notturne abbondanti e profuse, perdita di peso inspiegabile (oltre il 10% del peso corporeo nei 6 mesi precedenti).

ATTENZIONE:
Le informazioni qui riportate hanno carattere divulgativo e orientativo, non sostituiscono la consulenza medica. Eventuali decisioni che dovessero essere prese dai lettori, sulla base dei dati e delle informazioni qui riportati sono assunte in piena autonomia decisionale e a loro rischio.