Quali sono i principali marker tumorali (marcatori tumorali)

da | Lug 28, 2025 | Salute

Quando il medico prescrivere un esame per la ricerca di marker tumorali è normale provare un certo grado di ansia e preoccupazione, perché quando si parla di tumore si tende subito a pensare al peggio. 

In effetti, una diagnosi di cancro spaventa tutti, è una condizione in grado di influenzare nettamente la qualità della vita di chi la riceve, ma molto spesso queste analisi vengono svolte anche per escludere un tumore e scoprire che determinati sintomi sono, in realtà, causati da condizioni benigne, o comunque più lievi. 

Perciò, prima di fasciarsi la testa è forse il caso di capire cosa sono questi marcatori tumorali, a cosa servono, perché vengono esaminati, quali sono pro e contro di questa tipologia di esame, in modo da giungere più preparati al momento – che si spera non giunga mai – in cui si dovranno controllare, ed evitare di saltare subito a conclusioni affrettate e nefaste

Cosa sono i marker tumorali

I marcatori tumorali, noti anche come marker tumorali o biomarcatori, sono sostanze biologiche che possono essere prodotte dall’organismo in risposta alla presenza di un tumore o direttamente dalle cellule tumorali stesse

Sono in genere proteine o ormoni, rintracciabili principalmente nel sangue con un semplice prelievo ematico venoso, ma in alcuni casi specifici anche nelle urine o in altri fluidi corporei o tessuti

Solitamente sono presenti in basse concentrazioni nel plasma delle persone senza tumore, ma attenzione: queste sostanze possono essere presenti in piccole quantità anche in persone sane, per questo un loro aumento non è sempre e solo sinonimo di cancro.

A cosa servono i marcatori tumorali? Le applicazioni principali

I marcatori tumorali sono uno strumento di supporto prezioso in oncologia, ma raramente forniscono una diagnosi definitiva da soli

Ma allora, a cosa servono? Ecco i loro principali campi di applicazione:

  • supporto alla diagnosi clinica e patologica: pur non essendo test diagnostici definitivi da soli, possono indirizzare il medico verso esami più approfonditi, come la biopsia o l’imaging diagnostico. Possono corroborare la diagnosi di malattia o, per alcuni, consentire di porre diagnosi;
  • valutazione della prognosi: in alcuni casi, livelli elevati di un marcatore possono fornire informazioni sulla gravità e l’aggressività del tumore;
  • monitoraggio della terapia: permettono di valutare l’efficacia di un trattamento, osservando le variazioni nei livelli del marcatore nel tempo. Una riduzione del valore può indicare una buona risposta alla terapia;
  • controllo post-operatorio e follow-up: sono utilizzati per individuare precocemente eventuali recidive dopo un intervento o un trattamento, fungendo da campanello d’allarme per una ripresa della malattia. Il loro monitoraggio rappresenta un metodo semplice e poco invasivo per seguire nel tempo la malattia o individuare precocemente una ripresa dopo una remissione.

I limiti dei marcatori tumorali

Nonostante la loro utilità, i marcatori tumorali presentano importanti limitazioni e non sono strumenti diagnostici certi.

Perché? I principali limiti di questo strumento sono i seguenti:

  • mancanza di specificità: nessun marcatore tumorale è specifico al 100% per il cancro. Molti marcatori possono aumentare anche in presenza di condizioni benigne o infiammatorie, come infezioni, malattie croniche, o eventi fisiologici (es. gravidanza, fumo, attività fisica), portando a “falsi positivi”;
  • falsi negativi: un valore normale non esclude completamente la presenza della malattia, specialmente se il tumore è di piccole dimensioni, o se per quel tipo di cancro non sono stati ancora identificati marcatori specifici. Inoltre, non tutte le persone affette da un certo tipo di tumore presentano necessariamente valori elevati del relativo marcatore tumorale;
  • utilità limitata nello screening di massa: per la maggior parte dei tumori, i marcatori non sono raccomandati come test di screening per la popolazione generale, soprattutto in assenza di sintomi. Il loro utilizzo estensivo in persone sane comporta un alto rischio di “inappropriatezza per eccesso”, generando un elevato numero di falsi positivi che comportano ansia per il paziente e costi aggiuntivi per ulteriori accertamenti diagnostici non necessari;
  • interpretazione complessa: la lettura dei valori può essere complessa, poiché un marcatore ha un valore “soglia” che può variare leggermente tra laboratori. Variazioni minime oltre il limite di normalità potrebbero essere dovute a meccanismi legati alla strumentazione e l’esame andrebbe ricontrollato;
  • ruolo del medico: il dosaggio dei marcatori tumorali deve essere sempre richiesto e interpretato da un medico specialista nell’ambito di un processo diagnostico più ampio che includa esami strumentali e valutazione clinica. Il medico deve considerare attentamente eventuali variabili confondenti nella valutazione del risultato, soprattutto se non coerente con il quadro clinico.

La presenza di questi limiti non sminuisce, certo, il ruolo e l’importanza dei marcatori tumorali nel processo diagnostico di un tumore, ma è utile tenere bene a mente che si tratta solo di uno dei numerosi strumenti a disposizione dei medici.

I principali marker tumorali

Esistono numerosi marcatori tumorali, ognuno con una sua specificità e un campo di applicazione.

Ecco un elenco dei più comuni:

  • AFP (Alfa-fetoproteina): proteina prodotta principalmente dal fegato fetale. Nell’adulto, un suo aumento può essere associato a tumori del fegato (epatocarcinoma) o a tumori a cellule germinali (testicolo e ovaio). Livelli elevati si possono riscontrare anche in patologie non tumorali come epatiti, steatosi epatica o cirrosi;
  • AFP-L3 (Frazione dell’alfa-feto proteina reattiva con l’agglutinina lens culinaris): è una specifica variante (isoforma) dell’AFP. La sua misurazione, insieme all’AFP totale, aiuta ad aumentare la specificità per la diagnosi di carcinoma epatocellulare, distinguendolo meglio da condizioni epatiche croniche come la cirrosi;
  • CA 15.3 (Antigene carboidratico 15.3): utilizzato principalmente per monitorare il carcinoma della mammella, in particolare nelle fasi avanzate e per controllare l’efficacia delle terapie o l’insorgenza di recidive. Può aumentare anche in caso di tumori a ovaio, polmone e in patologie benigne del fegato;
  • CA 19.9 (GICA) Antigene carboidratico 19.9: è il marcatore di riferimento per il tumore del pancreas e delle vie biliari. Il suo utilizzo principale è nel monitoraggio della risposta alla terapia e nell’individuazione di recidive. Può essere elevato anche per tumori del colon-retto e dello stomaco, o in condizioni infiammatorie come la pancreatite;
  • CA 125 (Antigene carboidratico 125): è il marcatore più noto per il tumore dell’ovaio, usato soprattutto per monitorare la risposta al trattamento e per rilevare le recidive. Non è sufficientemente specifico per lo screening, poiché può aumentare in molte condizioni benigne ginecologiche (endometriosi, cisti ovariche) e non (epatopatie);
  • CA 72.4 (TAG 72): impiegato principalmente per i tumori dello stomaco e, in misura minore, per quelli dell’ovaio (spesso in associazione con il CA 125). È utile nel monitoraggio post-terapeutico;
  • CEA (Antigene carcinoembrionario): uno dei marcatori più “storici”, associato principalmente al tumore del colon-retto. Viene utilizzato per valutare la prognosi, monitorare l’efficacia delle cure per il cancro e individuare precocemente le recidive. I suoi livelli possono aumentare anche in fumatori e in presenza di tumori a polmone, mammella, pancreas o in patologie infiammatorie;
  • CgA (Cromogranina A): è il marcatore più importante per i tumori neuroendocrini (NET), che possono sorgere in vari organi come pancreas, intestino e polmoni. Viene usata per la diagnosi, la valutazione del carico tumorale e il monitoraggio. Livelli alti possono dipendere anche da altre condizioni, come l’uso di farmaci anti-acido (inibitori di pompa protonica) o insufficienza renale;
  • C-peptide (Connecting peptide): non è un marcatore tumorale in senso stretto, ma è un frammento della pro-insulina. La sua misurazione è cruciale nella diagnosi di insulinoma (un tumore del pancreas che produce insulina in eccesso) per valutare la produzione endogena di insulina;
  • Cyfra 21-1 (Cytokeratin 19 fragment): frammento di una proteina (citocheratina 19) utile principalmente come marcatore per il carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC). È impiegato per la prognosi e per il monitoraggio della risposta alla terapia;
  • Ct (Calcitonina): ormone prodotto dalla tiroide, è un marcatore altamente specifico per il carcinoma midollare della tiroide e viene usato per la diagnosi, il monitoraggio post-operatorio e lo screening nei familiari di pazienti affetti;
  • Gastrina: ormone che regola la secrezione acida dello stomaco. Livelli molto elevati sono indicativi di un gastrinoma, un tumore neuroendocrino solitamente localizzato nel pancreas o nel duodeno;
  • hCG (Gonadotropina corionica umana): noto come l’ormone della gravidanza, è anche un importante marcatore per alcuni tumori delle cellule germinali, come quelli del testicolo (in particolare non-seminomi) e dell’ovaio, e per le malattie trofoblastiche gestazionali;
  • HE4 (Human Epididymis protein 4): proteina utilizzata, spesso in combinazione con il CA 125, per aumentare l’accuratezza nella diagnosi differenziale delle masse pelviche, aiutando a distinguere tra formazioni benigne e carcinoma ovarico;
  • Isoforme della hCG: alcune varianti della molecola di hCG possono essere prodotte da specifici tumori, fornendo informazioni prognostiche più accurate rispetto al dosaggio della hCG totale;
  • 5-HIAA (Acido 5-idrossi-3-indolacetico): è il principale metabolita della serotonina. Viene misurato nelle urine delle 24 ore ed è il test principale per la diagnosi e il monitoraggio dei tumori carcinoidi, che spesso producono grandi quantità di serotonina;
  • Inibina (A e B): ormoni coinvolti nella regolazione del ciclo riproduttivo. Sono marcatori utili per alcuni tipi di tumori dell’ovaio (tumori delle cellule della granulosa) e, più raramente, per tumori testicolari;
  • Insulina: il suo dosaggio è fondamentale nel sospetto di un insulinoma, un tumore neuroendocrino del pancreas che causa ipoglicemia a digiuno in risposta all’eccessiva produzione di questo ormone;
  • LDH (Lattato deidrogenasi): enzima presente in molte cellule del corpo. È un marcatore tumorale aspecifico, ma i suoi livelli possono essere molto elevati in tumori a rapida crescita come linfomi, leucemie e tumori del testicolo (seminoma). È più un indice di carico tumorale e di prognosi che un marcatore diagnostico;
  • Mesotelina (SMRP – Soluble Mesothelin-Related Peptide): proteina i cui livelli possono essere elevati in pazienti con mesotelioma pleurico (tumore associato all’esposizione all’amianto), carcinoma pancreatico e ovarico. Viene studiata per la diagnosi e il monitoraggio;
  • Metanefrine (metanefrina e normetanefrina): metaboliti delle catecolamine (adrenalina e noradrenalina). La loro misurazione nel sangue o nelle urine è il test più sensibile per la diagnosi di feocromocitoma e paraganglioma, tumori che originano dalle ghiandole surrenali o da tessuto nervoso;
  • NSE (Enolasi neurone specifica): enzima prodotto da cellule neuronali e neuroendocrine. È il marcatore di scelta per il carcinoma polmonare a piccole cellule (microcitoma) e per il neuroblastoma (un tumore pediatrico);
  • Osteopontina: proteina coinvolta in vari processi biologici, tra cui la progressione tumorale e la formazione di metastasi. Livelli elevati sono stati associati a diversi tumori, tra cui quello del polmone, della mammella e della prostata, ma il suo ruolo come marcatore di routine è ancora in fase di studio;
  • Pepsinogeni (1 e 2): precursori della pepsina, un enzima digestivo. Un basso rapporto tra pepsinogeno 1 e 2 nel sangue può indicare un’atrofia della mucosa gastrica, una condizione che aumenta il rischio di sviluppare un tumore allo stomaco;
  • PIVKA-II/DCP (Proteina Indotta da assenza di Vitamina K o antagonista II/Des-gamma Carbossi-Protrombina): è una forma anomala di protrombina. È un marcatore specifico per il carcinoma epatocellulare (tumore del fegato), spesso utilizzato in combinazione con l’AFP per migliorare la sensibilità diagnostica;
  • pro-GRP (Precursore del Gastrin-Releasing Peptide): è considerato un marcatore più specifico dell’NSE per il carcinoma polmonare a piccole cellule (microcitoma), utile sia per la diagnosi che per il monitoraggio;
  • PSA (Antigene prostatico specifico): proteina prodotta dalla prostata. È il marcatore fondamentale per il tumore della prostata, utilizzato per lo screening in popolazioni a rischio, la diagnosi (in associazione ad altri esami), la stadiazione e il monitoraggio delle recidive dopo il trattamento;
  • S100: famiglia di proteine i cui livelli possono aumentare in caso di melanoma maligno metastatico. Viene utilizzata per la valutazione prognostica e per monitorare la risposta alla terapia;
  • SCC-A (Squamous cell carcinoma-associated antigen): antigene associato al carcinoma a cellule squamose. Viene utilizzato come marcatore per alcuni tumori di questo tipo, in particolare quelli della cervice uterina, del polmone, della testa e del collo;
  • Tg (Tireoglobulina): proteina prodotta esclusivamente dalla tiroide. Dopo l’asportazione totale della tiroide per un carcinoma differenziato (papillare o follicolare), la sua presenza nel sangue indica la persistenza di tessuto tiroideo (normale o tumorale) o la presenza di una recidiva;
  • VIP (Peptide intestinale vasoattivo): ormone che può essere prodotto in eccesso da un raro tumore neuroendocrino chiamato VIPoma, solitamente localizzato nel pancreas. Causa una sindrome caratterizzata da diarrea acquosa profusa.

Questo lungo elenco contiene i marcatori tumorali impiegati nella diagnostica medica, ma alcuni sono più frequentemente analizzati mentre altri, invece, più rari

Appartengono alla prima categoria, senza dubbio, il PSA, il CEA, il CA 125, il CA 15.3, il CA 19.9, l’AFP e l’hCG (in coppia), il Tg e il Ct (in coppia), e il LDH. Quelli meno frequenti, invece, sono il VIP, il gastrina, il PIVKA-II/DCP,  il pro-GRP, il mesotelina, l’inibina, il 5-HIAA, la osteopontina, la pepsinogeni, il C-peptide e l’insulina

Analisi dei marker tumorali: modalità e tempistiche

L’analisi dei marker tumorali viene svolta, in genere, tramite un semplice prelievo di sangue, un processo rapido e non invasivo.

Non è richiesta alcuna preparazione particolare per l’esame del sangue, che provoca solo un lieve disagio legato al prelievo e non comporta rischi immediati o a lungo termine. Dopo il prelievo, è possibile riprendere immediatamente la propria vita normale.

L’analisi in laboratorio, invece, può richiedere alcuni giorni, a seconda del marcatore da indagare.

Domande frequenti (FAQ)

Cosa sono i marcatori tumorali?

I marcatori tumorali, o biomarkers, sono sostanze, per lo più proteine, che circolano nel sangue e possono indicare la presenza o lo sviluppo di una neoplasia. Sebbene possano essere prodotte anche da cellule non tumorali, le cellule cancerose ne rilasciano quantità maggiori a causa della loro moltiplicazione accelerata.

A cosa servono i marcatori tumorali?

Sono utilizzati principalmente per il monitoraggio della risposta ai trattamenti farmacologici, ma anche nella valutazione prognostica e, per alcuni tipi, nella diagnosi. Possono anche supportare la diagnosi clinica e patologica, il controllo post-operatorio e il follow-up.

Quanto durano il prelievo e l’analisi dei marcatori tumorali?

Il prelievo di sangue è molto rapido, durando pochi secondi se non ci sono difficoltà a trovare la vena. L’analisi in laboratorio può richiedere alcuni giorni per essere completata.

È necessaria una preparazione particolare o ci sono rischi legati all’esame? 

No, non è richiesta alcuna preparazione particolare per l’esame. Il prelievo di sangue provoca solo un lieve disagio e non comporta rischi immediati o a lungo termine. Puoi riprendere immediatamente le tue normali attività dopo il prelievo.

Quali sono alcuni dei principali marcatori tumorali circolanti?

Tra i marcatori tumorali circolanti più noti ci sono l’Alfafetoproteina (AFP), l’Antigene carboidrato 15-3 (CA 15-3), l’Antigene carboidrato 19-9 (CA 19-9), l’Antigene carboidrato 125 (CA 125), l’Antigene carcinoembrionario (CEA) e l’Antigene prostatico specifico (PSA).

Cosa significa avere i marcatori tumorali alti?

Un valore elevato può indicare la presenza di un tumore, ma anche condizioni benigne come infiammazioni o infezioni. Non è quindi un indicatore specifico e deve essere valutato da un medico.

Quando bisogna preoccuparsi per i marcatori tumorali?

La preoccupazione è giustificata quando i valori sono significativamente elevati e l’aumento è persistente nel tempo, ma la valutazione deve sempre essere fatta da uno specialista. Un singolo valore alto non è sufficiente per una diagnosi.

Un valore normale esclude la presenza di un tumore?

No. È possibile avere un tumore senza che il marcatore corrispondente risulti elevato. Per questo i marcatori non sono considerati infallibili.

I marcatori tumorali possono diagnosticare un cancro da soli?

No. Da soli non sono sufficienti per fare una diagnosi di cancro.  Forniscono informazioni che devono essere integrate con altri esami clinici e strumentali (biopsie, TAC, etc.).

Perché i marcatori tumorali non sono generalmente raccomandati per lo screening nella popolazione generale?

L’uso diffuso dei marcatori in persone sane per lo screening può portare a un elevato numero di falsi positivi, data la bassa prevalenza del cancro nella popolazione generale. Questo può generare sovra-diagnosi, spreco di risorse e la necessità di ulteriori accertamenti invasivi non necessari.

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