La sindrome dell’intestino corto (SIC) è una condizione complessa che si verifica quando il corpo non riesce ad assorbire una quantità sufficiente di fluidi e nutrienti dagli alimenti. Questo accade a causa della perdita fisica o del danno alla funzione di una porzione dell’intestino tenue e/o crasso.
Come vedremo più nel dettaglio nel corso dell’articolo, la causa più comune della sindrome dell’intestino corto acquisita (sviluppata durante la vita) è l’asportazione chirurgica estesa (resezione) di una parte significativa dell’intestino tenue, spesso necessaria per trattare malattie intestinali gravi come il Morbo di Crohn, traumi, tumori o problemi vascolari (ischemia mesenterica). Nei neonati e nei bambini, cause frequenti di resezione includono l’enterocolite necrotizzante o difetti congeniti.
Indipendentemente dalla causa, il risultato principale della sindrome dell’intestino corto è il malassorbimento, che compromette l’assorbimento di nutrienti essenziali come grassi, carboidrati, proteine, vitamine, minerali e liquidi. I sintomi variano in base alla porzione e alla lunghezza dell’intestino rimanente, ma il più comune è la diarrea, spesso grave, che può portare a disidratazione, perdita di peso e malnutrizione.
Nonostante non esista una cura definitiva, la sindrome dell’intestino corto può essere gestita efficacemente con trattamenti mirati, anche se in alcuni casi può evolvere in complicanze severe e potenzialmente pericolose per la vita.
Di cosa parliamo in questo articolo
L’importanza dell’intestino tenue
L’intestino tenue è una componente fondamentale del sistema digestivo, estendendosi dallo stomaco al colon. Simile a un tubo lungo (circa 4 metri in un adulto sano) e stretto che ricorda una fisarmonica, è il luogo in cui si verifica la maggior parte dei processi di digestione e assorbimento dei nutrienti.
L’intestino tenue si articola in tre sezioni principali, ciascuna con ruoli specifici nell’assorbimento di diverse sostanze:
- duodeno: è la prima e più breve sezione, lunga circa 30 cm, collegata allo stomaco. Qui prosegue la scomposizione delle particelle di cibo iniziata nello stomaco, preparando i nutrienti per l’assorbimento. È la sede primaria per l’assorbimento di ferro, calcio e magnesio;
- digiuno: è la sezione centrale dell’intestino tenue, lunga circa 200 cm, ed è la parte dove avviene la maggior parte dell’assorbimento dei nutrienti. Qui vengono assorbiti carboidrati, grassi, proteine e vitamine;
- ileo: costituisce la porzione finale dell’intestino tenue e si collega al colon. Ha la capacità di assorbire alcuni prodotti della digestione che non sono stati assorbiti dal digiuno, mostrando una certa capacità di adattamento per compensare alcune funzioni del digiuno. Tuttavia, l’assorbimento degli acidi biliari e della vitamina B12 avviene esclusivamente nella sua parte terminale.
Quando una parte dell’intestino tenue viene danneggiata o rimossa, come accade nella sindrome dell’intestino corto, la sua capacità di assorbire fluidi, proteine, carboidrati, ferro, grassi, vitamine e minerali risulta compromessa. Le conseguenze dipendono in larga misura dalla lunghezza e dalla sede della porzione rimossa. Se, ad esempio, viene asportata una parte sostanziale del digiuno o dell’ileo, diventa difficile ottenere un’adeguata nutrizione. La conservazione del colon può aiutare a ridurre la perdita di acqua ed elettroliti.
In alcuni casi, l’intestino residuo può andare incontro a un processo di adattamento, aumentando la sua capacità di assorbimento. Questo adattamento può comportare una crescita della mucosa intestinale e un allungamento dei villi, le strutture responsabili dell’assorbimento, ma si tratta di un processo che può richiedere tempo.
Quali sono le cause principali della SIC?
Come accennato prima, questa condizione può dipendere da una perdita fisica (rimozione) o da un danno alla funzione di una porzione dell’intestino tenue e/o crasso.
Per questo motivo, la sindrome dell’intestino corto può essere generalmente suddivisa in due categorie principali: acquisita e congenita.
1. SIC acquisita
È la forma più comune e si sviluppa nel corso della vita, solitamente a seguito di un intervento chirurgico. La resezione chirurgica estesa (rimozione) di una parte significativa dell’intestino tenue è la causa più frequente.
Negli adulti e nei bambini più grandi, le cause più comuni che richiedono la resezione chirurgica includono:
- morbo di Crohn: una malattia infiammatoria cronica dell’intestino;
- ischemia mesenterica o infarto intestinale: danno all’intestino dovuto a mancanza di flusso sanguigno;
- traumi all’intestino tenue;
- tumori o il loro trattamento, inclusa l’enterite attinica (danno da radioterapia);
- volvolo: una torsione di un’ansa intestinale;
- intussuscezione: una porzione dell’intestino si ripiega su un’altra;
- complicanze post-chirurgiche.
Nei neonati e nei bambini piccoli, invece, le ragioni più frequenti per la resezione chirurgica sono:
- enterocolite necrotizzante: una condizione caratterizzata da perdita di tessuto intestinale, spesso in neonati prematuri o malati;
- difetti congeniti o malformazioni intestinali, come l’atresia intestinale (restringimento o mancanza di una porzione dell’intestino), midgut volvulus, onfalocele, gastroschisi e ileo da meconio (ostruzione da meconio associata a fibrosi cistica).
2. SIC congenita
In rari casi, i neonati nascono con un intestino tenue già accorciato o danneggiato. Sebbene a volte associata a malrotazione, la causa esatta di questa forma congenita non è sempre completamente compresa.
Non sempre la rimozione di un segmento dell’intestino tenue porta alla sindrome dell’intestino corto. Fattori aggiuntivi, come la specifica sezione intestinale persa, la lunghezza residua, la presenza o assenza del colon e della valvola ileocecale, la natura della malattia sottostante, l’età e la salute generale dell’individuo, giocano un ruolo significativo nello sviluppo della sindrome.
Inoltre, alcune condizioni che compromettono la corretta funzione dell’intestino tenue possono causare la sindrome anche se la lunghezza fisica non è significativamente ridotta.
Quali sono i sintomi comuni?
Abbiamo visto che la sindrome dell’intestino corto (SIC) è una condizione in cui il corpo non riesce ad assorbire sufficienti liquidi e nutrienti dal cibo a causa della perdita fisica o del danno funzionale di una parte dell’intestino tenue e/o crasso.
I sintomi e la gravità della sindrome possono variare considerevolmente a seconda della lunghezza e della funzione della porzione restante o intatta dell’intestino tenue.
I sintomi più comuni sono i seguenti:
- diarrea: spesso è grave e può manifestarsi subito dopo l’intervento chirurgico. La diarrea severa può portare a disidratazione, che può essere potenzialmente pericolosa per la vita, e a una significativa perdita di elettroliti;
- malassorbimento: compromette l’assorbimento di nutrienti essenziali come grassi, carboidrati, proteine, vitamine, minerali, oligoelementi e liquidi;
- perdita di peso non intenzionale;
- malnutrizione: consegue al malassorbimento e alla perdita di peso. Nei bambini, può portare a scarsa crescita.
Altri sintomi associati a questa condizione sono:
- feci untuose e maleodoranti (steatorrea);
- affaticamento;
- gonfiore (bloating);
- crampi;
- bruciore di stomaco;
- sensazione generale di cattiva salute e letargia;
- disidratazione e squilibrio elettrolitico/carenza.
La compromissione dell’assorbimento può portare a carenze di vitamine e minerali, manifestandosi con una vasta gamma di sintomi aggiuntivi tipici di queste condizioni.
Nello specifico:
- carenza di vitamina A: difficoltà a vedere di notte (cecità notturna), secchezza e ispessimento anomali della congiuntiva e della cornea (xeroftalmia), ulcere corneali, problemi di mantenimento della pelle sana;
- carenza di vitamine del gruppo B: infiammazione della bocca (stomatite) e della lingua (glossite), desquamazione secca delle labbra (cheilosi), gonfiore dovuto ad accumulo di liquidi (edema), bassi livelli di globuli rossi circolanti (anemia), debolezza di alcuni muscoli oculari (oftalmoplegia), battiti cardiaci irregolari (tachicardia o bradicardia), danno ai nervi periferici (neuropatia periferica), convulsioni. La carenza di vitamina B12 è un rischio specifico se viene resecata una parte significativa dell’ileo terminale;
- carenza di vitamina D: nei bambini, può provocare deformità a inchino delle gambe (rachitismo), dolore alle gambe, rammollimento progressivo della struttura ossea, tassi di crescita lenti, bassa statura, predisposizione a fratture (osteoporosi), bassi livelli di calcio nel sangue, associati a spasmi muscolari intermittenti (tetania) e sensazione anomala sulla pelle (parestesia);
- carenza di vitamina E: parestesia, tetania, perdita della coordinazione muscolare volontaria (atassia), gonfiore anomalo (edema), riflessi tendinei profondi depressi, problemi di vista;
- carenza di vitamina K: sanguinamento prolungato, facile formazione di lividi, piccole macchie rosse o viola sulla pelle (petecchie), discromia cutanea dovuta a sanguinamento sottocutaneo (ecchimosi), eruzione cutanea con macchie viola (porpora);
- carenza di ferro: pallore, infiammazione della lingua (glossite), unghie anormalmente a cucchiaio, debolezza, affaticamento, difficoltà di concentrazione, respiro affannoso sotto sforzo (dispnea);
- carenza di zinco: infiammazione della mucosa della bocca (stomatite), aree irregolari di perdita di capelli (alopecia), scarsa guarigione delle ferite, eruzione cutanea arrossata e squamosa.
Con il tempo, ai sintomi si accompagnano anche delle complicanze, le più comuni delle quali sono le seguenti:
- sovracrescita batterica nell’intestino tenue: comune nei bambini, specialmente con segmenti dilatati a scarsa motilità. Esacerba gonfiore, diarrea e malassorbimento di nutrienti;
- grave eritema da pannolino nei bambini, secondario alle feci frequenti e acide;
- abitudini alimentari anomale e avversione al cibo;
- malattia epatica: spesso dovuta all’uso a lungo termine della nutrizione parenterale totale (TPN);
- calcoli renali e calcoli biliari;
- perdita di massa muscolare e deperimento;
- edema periferico (gonfiore delle gambe e dei piedi).
È fondamentale consultare un medico per una valutazione completa, poiché la presentazione clinica è molto variabile.
Come si fa la diagnosi?
La diagnosi della sindrome dell’intestino corto si effettua attraverso un approccio che combina diversi elementi.
In prima istanza, si procede con:
- anamnesi dettagliata: un elemento cruciale è la valutazione di precedenti interventi chirurgici, in particolare quelli che hanno comportato la resezione (rimozione) di tratti dell’intestino. La comparsa di sintomi caratteristici, come la diarrea cronica, il malassorbimento e la disidratazione, in seguito a un intervento di resezione intestinale, solleva un forte sospetto di SIC;
- valutazione clinica approfondita: un esame clinico completo è fondamentale per identificare i segni e i sintomi associati alla SIC, che possono variare a seconda della lunghezza e della funzione del tratto intestinale residuo;
- test specializzati: vengono utilizzati una serie di esami di laboratorio e strumentali per confermare la diagnosi, valutare lo stato nutrizionale e identificare le complicanze, come:
- emocromo completo (CBC), per verificare la presenza di anemia;
- valutazione dei livelli di albumina, per indicare lo stato nutrizionale e l’idratazione);
- enzimi epatici, che possono indicare un danno epatico, spesso correlato all’uso prolungato della nutrizione parenterale totale;
- anomalie elettrolitiche, che possono indicare carenze o disidratazione;
- creatinina, per valutare la funzione renale;
- test specifici per rilevare carenze di vitamine e minerali;
- test del grasso fecale;
- valutazione dei bilanci energetici, idrici ed elettrolitici;
- valutazione dello stato di nutrizione.
- esami di imaging:
- radiografie addominali standard, per rilevare segni di ostruzione o ileo;
- tomografia computerizzata (TC) dell’addome, per identificare problemi come ostruzioni intestinali e valutare la salute del fegato;
- risonanza magnetica (RM) dell’addome, per rilevare aree di restringimento o fistole e valutare la salute del rivestimento intestinale;
- ecografia addominale, utile per rilevare calcoli biliari, spesso associati alla SIC;
- serie del tratto gastrointestinale superiore con follow-through del tenue, un esame a raggi X che esamina le porzioni superiori e medie del sistema gastrointestinale;
- misurazione della lunghezza dell’intestino residuo, che può essere effettuata direttamente dal chirurgo durante l’intervento o tramite successivi esami radiologici.
- altri test:
- Biopsia epatica, se si sospettano problemi al fegato, spesso correlati alla nutrizione parenterale;
- studi endoscopici superiori e inferiori, che possono aiutare a valutare la funzione dell’intestino rimanente;
- analisi dell’assorbimento intestinale, della proteino-dispersione intestinale, calorimetria indiretta, bioimpedenziometria.
Sarà il medico a stabilire come procedere, in base alle condizioni del paziente.
Come si cura la sindrome dell’intestino corto?
Poiché la sindrome varia notevolmente da persona a persona, il piano terapeutico è altamente individualizzato e dipende da numerosi fattori, inclusi i sintomi specifici, la sede e l’estensione della porzione di intestino tenue interessata, la presenza o assenza del colon, l’età dell’individuo e la sua salute generale.
Il trattamento richiede spesso il coinvolgimento coordinato di un team di specialisti, che può includere gastroenterologi pediatrici o adulti, chirurghi, dietologi, nutrizionisti e altri professionisti sanitari.
In generale, le principali strategie di gestione e trattamento sono le seguenti:
- gestione nutrizionale:
- Nutrizione Parenterale Totale (NPT): nell’immediato periodo post-operatorio, quando la diarrea è spesso grave e si verifica una significativa perdita di elettroliti, i pazienti necessitano tipicamente di NPT, che fornisce tutti i fabbisogni nutrizionali giornalieri (proteine, zuccheri, grassi, vitamine, minerali, oligoelementi) direttamente nel flusso sanguigno tramite una linea intravenosa. In alcuni casi, può essere necessaria per tutta la vita, specialmente in pazienti con una resezione estesa (ad es., meno di 100 cm di intestino tenue residuo nel digiuno, o eccessiva perdita di liquidi ed elettroliti). L’uso a lungo termine della NPT può comportare complicanze come infezioni batteriche, problemi al catetere, bassa captazione di calcio osseo, coaguli di sangue e problemi al fegato e ai reni. Nei bambini, il danno epatico secondario alla nutrizione endovenosa è comune, e la riduzione dei lipidi endovenosi a base di soia o l’uso di emulsioni lipidiche a base di olio di pesce sembrano migliorare significativamente la prognosi;
- alimentazione enterale e orale: una volta che l’intestino si adatta e la funzione migliora, i pazienti possono passare all’alimentazione enterale, tramite sondino nello stomaco o intestino. Successivamente, vengono introdotti piccoli quantitativi di cibo per via orale. Mangiare è importante perché stimola l’assorbimento intestinale e promuove l’adattamento;
- modifiche dietetiche: non esiste una dieta specifica per tutti i pazienti con SIC, ma va predisposta in modo individuale. In generale, si incoraggia l’assunzione di cibo per bocca ogni volta che è possibile, e si consigliano pasti piccoli e frequenti invece di pasti abbondanti, mentre andrebbero evitati concentrati di zuccheri in quanto possono contribuire alla diarrea. Nei pazienti con colon intatto, è spesso raccomandata una dieta ricca di carboidrati e a basso contenuto di grassi. Nei bambini, in particolare quelli a rischio di sovracrescita batterica, può essere utile una dieta più ricca di grassi;
- supplementi: possono essere necessari supplementi di vitamine, minerali e oligoelementi per compensare le carenze. Anche soluzioni di reidratazione orale (acqua, zucchero, sale) vengono utilizzate per mantenere l’equilibrio idrico, a volte riducendo la necessità di nutrizione parenterale.
- farmaci: diversi farmaci possono essere utilizzati per trattare i sintomi e le complicanze della SIC, tra cui antidiarroici, inibitori della secrezione gastrica, fattori trofici intestinal, octreotide, enzimi pancreatici e chelanti gli acidi biliari, antibiotici e probiotici, supplementi vitaminici e minerali specifici;
- interventi chirurgici: la chirurgia può essere utilizzata in casi selezionati, a volte come ultima risorsa quando altre terapie non hanno avuto successo, o per migliorare la funzione intestinale residua;
- trapianto intestinale: può essere un’opzione in casi severi, specialmente se ci sono complicanze dalla NPT, come insufficienza epatica, o se le altre terapie non riescono a garantire una nutrizione adeguata. Il trapianto comporta rischi significativi come rigetto e infezioni, e richiede l’uso a vita di farmaci immunosoppressori. A volte viene eseguito insieme a un trapianto di fegato o altri organi.
Come già spiegato, l’adattamento intestinale è un processo fondamentale in cui la porzione restante dell’intestino tenue cerca di compensare la perdita di funzione aumentando la sua capacità di assorbimento. Purtroppo, può richiedere tempo, da diversi mesi fino a 2-3 anni. Le terapie, in particolare quelle nutrizionali e farmacologiche, mirano proprio a supportare e stimolare questo adattamento.
Anche se la condizione migliora, è spesso necessario un follow-up a lungo termine per monitorare la crescita e rilevare eventuali carenze nutrizionali che potrebbero manifestarsi nel tempo.
Domande frequenti (FAQ)
È una condizione complessa dovuta alla perdita fisica o funzionale di parte dell’intestino tenue e/o crasso. Questo riduce la capacità del corpo di assorbire adeguatamente nutrienti, vitamine, minerali e fluidi dal cibo. È spesso causata dalla rimozione chirurgica (resezione) di un lungo tratto di intestino.
Il sintomo più comune è la diarrea, che può essere grave e portare a disidratazione e perdita di elettroliti. Altri sintomi includono malassorbimento, perdita di peso, malnutrizione, affaticamento, gonfiore, crampi e carenze di vitamine e minerali.
La diagnosi si basa su una storia dettagliata del paziente (in particolare interventi chirurgici precedenti), una valutazione clinica e test specializzati. Questi test includono esami del sangue (es. emocromo, albumina, elettroliti, vitamine) ed esami di imaging (es. radiografie, TC, RM, ecografia).
La causa più frequente è la resezione chirurgica di un tratto esteso dell’intestino tenue. Negli adulti, questo può derivare da malattie come il morbo di Crohn, ischemia, tumori o traumi. Nei neonati, l’enterocolite necrotizzante è una causa frequente di resezione.
Il trattamento mira a garantire un adeguato supporto nutrizionale. Le opzioni includono la Nutrizione Parenterale Totale (NPT), l’alimentazione enterale e orale con modifiche dietetiche (pasti piccoli e frequenti). Vengono usati diversi farmaci (antidiarroici, riduttori dell’acido gastrico, teduglutide) e, in casi selezionati, la chirurgia (per allungare, restringere o trapiantare l’intestino).
È un processo in cui la parte restante dell’intestino tenue cerca di compensare la perdita di funzione aumentando la sua capacità di assorbimento. Questo può avvenire nel tempo (anche 2-3 anni). Le terapie nutrizionali e farmacologiche sono spesso orientate a supportare questo processo.