L’osteoporosi è una malattia che colpisce lo scheletro, indebolendo le ossa e rendendole fragili e soggette a fratture, anche a seguito di traumi lievi. Questo accade perché la struttura interna dell’osso si deteriora, perdendo densità e resistenza.
Essa si manifesta in modo graduale, e spesso non presenta sintomi evidenti fino a quando non si verifica una frattura.
Il costo sociale ed economico di questa patologia è elevato. Infatti, le fratture, in particolare quelle di femore e vertebre, possono portare a disabilità motoria, perdita di autonomia e un aumento della mortalità, e la loro gestione pesa notevolmente sui sistemi sanitari, sia in termini di ricoveri che di assistenza a lungo termine.
Anche per questo motivo è quindi fondamentale prevenire l’osteoporosi, già a partire dall’adolescenza, quando si costruisce la base per una buona salute delle ossa; adottare uno stile di vita sano, con un’alimentazione ricca di calcio e vitamina D e una regolare attività fisica, è cruciale per raggiungere un picco di massa ossea ottimale e ridurre il rischio di sviluppare osteoporosi in età adulta.
Approfondiamo insieme, e cerchiamo di capire cos’è l’osteoporosi, quali sono le cause, come si manifesta e quali sono le possibili cure.
Di cosa parliamo in questo articolo
- Epidemiologia dell’osteoporosi
- Cos’è l’osteoporosi
- 1. Osteoporosi Primaria
- 2. Osteoporosi Secondaria
- Il picco di massa ossea
- La “Soglia di Frattura”
- Come si capisce se si soffre di osteoporosi?
- Sintomi specifici delle fratture vertebrali
- La diagnosi dell’osteoporosi: un percorso multifattoriale
- 1. Valutazione clinica
- 2. Valutazione strumentale
- 3. Diagnosi di Laboratorio
- La prevenzione dell’osteoporosi: un approccio a tutte le età
- 1. Infanzia e adolescenza
- 2. Età adulta
- 3. Terza età (osteoporosi secondaria)
- Come si cura?
Epidemiologia dell’osteoporosi
L’osteoporosi è una malattia diffusa che può colpire a qualsiasi età, ma la sua incidenza aumenta significativamente in età matura e avanzata.
Secondo i dati forniti dal Ministero della Salute, in Italia, l’osteoporosi colpisce circa 5.000.000 di persone, di cui oltre l’80% sono donne in post-menopausa. Si stima che il 23% delle donne oltre i 40 anni e il 14% degli uomini oltre i 60 anni siano affetti da osteoporosi.
Ogni anno si verificano circa 100.000 ricoveri per fratture del collo del femore, con un alto tasso di mortalità e disabilità. Le fratture vertebrali sono altrettanto frequenti, ma spesso non diagnosticate.
L’aumento dell’aspettativa di vita e dell’invecchiamento della popolazione suggerisce un ulteriore incremento dell’incidenza dell’osteoporosi e delle sue complicanze nel prossimo futuro.
Questi dati epidemiologici evidenziano l’importanza di una maggiore consapevolezza dell’osteoporosi, sia da parte della popolazione che dei professionisti sanitari.
Secondo uno studio condotto dall’Istituto Superiore di Sanità, solo una donna su due affetta da osteoporosi sa di esserlo, mentre negli uomini la proporzione è di uno su cinque. Inoltre, il 50% delle persone che pensano di essere ammalate di osteoporosi non lo sono, mentre la metà di quelli realmente affetti dalla malattia non sa di esserlo.
Cos’è l’osteoporosi
L’osteoporosi è una malattia sistemica dello scheletro caratterizzata da una riduzione della massa ossea e da un deterioramento della microarchitettura del tessuto osseo.
Questa condizione porta ad un aumento della fragilità ossea e, di conseguenza, ad un maggior rischio di fratture, che si verificano soprattutto a livello del polso, delle vertebre e del femore prossimale.
Come accennato, può colpire a qualsiasi età, ma il picco di incidenza si ha nell’età matura e anziana.
Si distinguono due forme principali di questa malattia:
- primaria;
- secondaria.
Approfondiamo.
1. Osteoporosi Primaria
L’osteoporosi primaria è ulteriormente classificata in due tipi, di tipo 1 e di tipo 2.
L’osteoporosi di tipo 1 (post-menopausale) è strettamente legata alla diminuzione degli estrogeni dopo la menopausa e colpisce tra il 5% e il 29% delle donne in questo periodo. Circa il 50% delle donne in post-menopausa subirà una frattura correlata all’osteoporosi nel corso della vita.
Nei primi 5-10 anni dalla menopausa la donna può perdere fino al 10-15% del patrimonio osseo iniziale, come si può notare anche da questo grafico.
L’osteoporosi post-menopausale interessa principalmente l’osso trabecolare, il tipo di tessuto osseo più poroso e metabolicamente attivo, con un impatto maggiore sulla colonna vertebrale, dove il turnover osseo è elevato. Questo spiega la maggiore incidenza di fratture vertebrali in questo gruppo di pazienti.
L’osteoporosi di tipo 2, anche detta osteoporosi senile, colpisce sia gli uomini che le donne dopo i 70 anni, con una prevalenza fino al 6% nella popolazione anziana. A differenza del tipo 1, la perdita di massa ossea coinvolge sia l’osso trabecolare che quello corticale, il tessuto osseo più denso e compatto. Questo si traduce in un rischio di fratture in diverse sedi scheletriche, tra cui la colonna vertebrale, le ossa lunghe (come il femore), il bacino e altre.
Le fratture del collo del femore, dell’estremità distale del radio e dell’omero sono tra le complicanze tipiche dell’osteoporosi senile.
2. Osteoporosi Secondaria
L’osteoporosi secondaria è causata da altre condizioni mediche o dall’uso prolungato di alcuni farmaci.
Tra le cause principali possiamo segnalare le seguenti:
- ipogonadismo e malattie endocrine, come la sindrome di Cushing, la tireotossicosi e l’iperparatiroidismo;
- malattie neoplastiche e cure contro il cancro, in particolare la chemioterapia e la radioterapia;
- malattie croniche, come l’insufficienza renale cronica, la broncopneumopatia cronica ostruttiva e l’insufficienza cardiaca congestizia;
- connettivopatie e malattie infiammatorie croniche, come l’artrite reumatoide e la spondilite anchilosante;
- malattie gastrointestinali, come il morbo di Crohn e la celiachia;
- deficit nutrizionali;
- abuso cronico di alcol;
- uso cronico di farmaci, in particolare di corticosteroidi, immunosoppressori, ormoni tiroidei e anticonvulsivanti;
- immobilità prolungata.
Il picco di massa ossea
L’osso è un tessuto vivo in continuo rinnovamento, e il processo di rimodellamento osseo, un delicato equilibrio tra riassorbimento del tessuto osseo vecchio e formazione di nuovo tessuto, ne garantisce la salute e la resistenza.
Durante l’infanzia e l’adolescenza, la formazione di tessuto osseo prevale sul riassorbimento, permettendo la crescita dello scheletro e il raggiungimento del picco di massa ossea (la massima densità e robustezza dell’osso) nella seconda decade di vita. Dopo questa fase, il processo si inverte e il riassorbimento comincia a prevalere.
L’osteoporosi si instaura quando questo equilibrio si rompe, con una riduzione della massa ossea e il deterioramento della microarchitettura del tessuto osseo, rendendo l’osso più fragile e suscettibile alle fratture.
Diversi fattori contribuiscono al raggiungimento di un picco di massa ossea ottimale, tra cui:
- fattori genetici e familiarità: la predisposizione genetica gioca un ruolo importante nel determinare la densità ossea di un individuo;
- fattori ormonali: i livelli di estrogeni, androgeni e dell’ormone della crescita influenzano la formazione e il rimodellamento osso;
- alimentazione: un apporto adeguato di calcio, vitamina D, e probabilmente anche di vitamine C e K è fondamentale per la salute delle ossa;
- stile di vita: l’attività fisica, l’esposizione ai raggi UV, l’abitudine al fumo e l’eccessivo consumo di caffè possono influenzare la densità ossea;
- malattie congenite e croniche: alcune malattie congenite, come la fibrosi cistica e l’osteogenesi imperfetta, e malattie croniche, come quelle endocrine e gastrointestinali, possono interferire con il metabolismo osseo;
- trattamenti farmacologici prolungati: l’uso a lungo termine di alcuni farmaci, come i corticosteroidi, può aumentare il rischio di osteoporosi.
Un picco di massa ossea non ottimale, raggiunto entro i 20-25 anni di vita, aumenta il rischio di sviluppare osteoporosi, anche in assenza di una perdita ossea accelerata in età adulta.
La “Soglia di Frattura”
Come vedremo nel dettaglio più avanti nel corso dell’articolo, la densitometria ossea permette di misurare la densità minerale ossea e di identificare la cosiddetta “soglia di frattura”, ovvero il livello di densità ossea al di sotto del quale il rischio di fratture aumenta in modo significativo.
Determinare questo valore è fondamentale per indirizzare il paziente verso terapie in grado di ridurre il riassorbimento di calcio dalle ossa e ritardare o prevenire il raggiungimento della soglia di frattura.
Come si capisce se si soffre di osteoporosi?
Come accennato, l’osteoporosi è caratterizzata da una natura asintomatica nelle fasi iniziali. La riduzione della densità ossea e il deterioramento della microarchitettura del tessuto osseo avvengono infatti gradualmente e silenziosamente, senza manifestare sintomi evidenti.
Il segnale più comune e preoccupante è rappresentato, senza dubbio, dalla comparsa di una frattura, spesso in seguito a traumi lievi o addirittura in assenza di un trauma evidente.
Le sedi più comuni delle fratture da osteoporosi sono le seguenti:
- vertebre: le fratture vertebrali sono le più frequenti, soprattutto a livello della colonna dorso-lombare, possono essere silenziose (nella maggior parte dei casi) o manifestarsi con dolore improvviso nella zona dorsale, seguito da dolore cronico, accentuazione della cifosi dorsale e riduzione della statura;
- femore: le fratture del femore, in particolare a livello del collo o del trocantere, sono eventi gravi che comportano un alto rischio di disabilità e mortalità;
- radio distale: le fratture del polso, tipicamente a livello dell’estremo distale del radio (fratture di Colles), sono comuni nelle donne di mezza età, con un aumento dell’incidenza dopo la menopausa;
- altre sedi: meno frequentemente, le fratture possono interessare l’omero prossimale, la pelvi, la tibia prossimale e i metatarsi.
Sintomi specifici delle fratture vertebrali
Abbiamo detto che le fratture più comuni attribuibili all’osteoporosi sono quelle vertebrali, che si manifestano attraverso i seguenti sintomi:
- dolore: può essere assente o manifestarsi improvvisamente, localizzato in una zona specifica della schiena e peggiorare in posizione eretta o durante la deambulazione;
- dolorabilità: la zona della frattura può essere dolente alla palpazione;
- deformità: fratture multiple possono portare a una curvatura anomala della colonna vertebrale (cifosi), con conseguente dolore muscolare e deformità.
La diagnosi dell’osteoporosi: un percorso multifattoriale
La diagnosi dell’osteoporosi si basa su una combinazione di valutazioni cliniche e strumentali, con l’obiettivo di identificare la presenza della malattia e di valutare il rischio di fratture.
Per giungere a una diagnosi accurata, quindi, è necessario un approccio multifattoriale che tenga conto di diversi aspetti.
1. Valutazione clinica
La valutazione clinica comprende l’anamnesi, l’esame obiettivo e la valutazione dei fattori di rischio:
- anamnesi: è fondamentale per raccogliere informazioni sulla storia familiare del paziente, in particolare la presenza di fratture da fragilità nei genitori, che costituisce un significativo fattore di rischio. Infine, è fondamentale indagare la presenza di pregresse fratture da fragilità, sia vertebrali che non vertebrali, e l’assunzione di farmaci che possono avere effetti osteopenizzanti.
- anamnesi ginecologica nelle donne: è importante per valutare l’età della menopausa e la regolarità del ciclo mestruale;
- anamnesi alimentare: permette di valutare l’apporto di calcio e proteine, nonché la presenza di eventuali disordini alimentari, anche pregressi.
- esame obiettivo: si concentra sulla valutazione della postura del paziente, in particolare l’eventuale aumento della cifosi dorsale e la riduzione dell’altezza, che potrebbero indicare la presenza di cedimenti vertebrali. È importante valutare anche il tono e il trofismo muscolare e l’indice di massa corporea (IMC), ricordando che la sua riduzione può contribuire all’osteoporosi;
- fattori di rischio: la valutazione dei fattori di rischio clinici, come l’età, il sesso, la storia familiare di fratture, l’uso di farmaci osteopenizzanti, le comorbilità e lo stile di vita, è essenziale per stimare il rischio di frattura del paziente.
2. Valutazione strumentale
La valutazione strumentale si basa principalmente sulla densitometria ossea o MOC, un esame che permette di misurare la densità minerale ossea (BMD) e di valutare il rischio di fratture.
La densitometria ossea a raggi X a doppia energia (DXA) è l’esame gold standard per la diagnosi dell’osteoporosi, con il quale si misura la BMD in grammi per centimetro quadrato e la confronta con il valore medio di soggetti adulti sani dello stesso sesso al picco di massa ossea, il cosiddetto T-score. Un valore inferiore a -2.5 indica la presenza di osteoporosi, mentre uno compreso tra -1 e -2.5 indica osteopenia, una condizione di ridotta densità ossea che aumenta il rischio di fratture.
Lo Z-score, invece, confronta la BMD del paziente con il valore medio di soggetti della stessa età e sesso. Un valore inferiore a -2 in donne in pre-menopausa o uomini di età inferiore a 50 anni suggerisce la presenza di una condizione che causa perdita ossea, come l’osteoporosi secondaria.
Le sedi di misurazione più comuni per la DXA sono la colonna lombare e il femore prossimale (collo e totale), poiché le fratture a questi livelli sono le più frequenti e clinicamente rilevanti.
La radiografia tradizionale può evidenziare segni indiretti di osteoporosi, come la riduzione della densità ossea, ma è meno sensibile della DXA. Il suo ruolo principale nella diagnosi dell’osteoporosi è quello di confermare la presenza di fratture, in particolare quelle vertebrali che possono essere asintomatiche.
3. Diagnosi di Laboratorio
Gli esami di laboratorio sono utili per escludere altre cause di ridotta BMD, per identificare eventuali forme di osteoporosi secondaria e per monitorare l’efficacia del trattamento.
In questo caso, possiamo distinguere gli esami di primo livello e quelli di secondo livello:
- gli esami di primo livello, come la calcemia, la fosforemia, la fosfatasi alcalina totale, la creatininemia, l’emocromo completo e la VES, sono raccomandati per escludere altre condizioni metaboliche o patologie che possono causare osteoporosi secondaria;
- gli esami di secondo livello, come il paratormone sierico, la 25-OH-vitamina D sierica, il calcio ionizzato, il test del desametasone overnight e l’immunofissazione sierica e urinaria, sono indicati nel sospetto di forme specifiche di osteoporosi secondaria o di altre malattie scheletriche.
Infine, può essere eseguito un esame deI marker del turnover osseo, come il propeptide del collagene di tipo I (P1NP) e il telopeptide C-terminale del collagene di tipo I (CTX), che possono essere utili per monitorare l’efficacia del trattamento farmacologico e l’aderenza del paziente alla terapia.
La prevenzione dell’osteoporosi: un approccio a tutte le età
La prevenzione dell’osteoporosi è un impegno che dura tutta la vita, a partire dall’infanzia e proseguendo durante l’adolescenza, l’età adulta e la terza età. In effetti, è fondamentale intervenire in ogni fase della vita per costruire ossa forti e sane e minimizzare la perdita di massa ossea nel corso del tempo.
Vediamo come procedere a seconda della fascia di età.
1. Infanzia e adolescenza
Durante l’infanzia e l’adolescenza, il corpo costruisce la maggior parte del suo tessuto osseo, raggiungendo il picco di massa ossea tra i 16 e i 22 anni.
Quindi, è importantissimo adottare abitudini sane in questa fase della vita per massimizzare la formazione ossea e prevenire l’osteoporosi in età adulta.
Vediamo come:
- dieta ricca di calcio e vitamina D: il calcio è il minerale principale che costituisce le ossa, mentre la vitamina D è essenziale per l’assorbimento del calcio nell’intestino. Una dieta ricca di questi nutrienti durante l’infanzia e l’adolescenza è fondamentale per costruire ossa forti e resistenti. Le principali fonti alimentari di calcio sono latte e derivati, verdure a foglia verde, pesce azzurro, frutta secca e legumi, mentre la vitamina D può essere assunta da pesce grasso (salmone, tonno, sgombro), uova, fegato, funghi. Ricordiamo, però, che la fonte principale resta l’esposizione al sole, in quanto la pelle produce vitamina D quando esposta alla luce solare;
- attività fisica regolare: l’esercizio fisico, in particolare quello che coinvolge la gravità, come la corsa, il salto e la camminata, stimola la formazione ossea e contribuisce a raggiungere un picco di massa ossea più elevato;
- stile di vita sano: evitare il fumo, l’abuso di alcol e le droghe è fondamentale per la salute delle ossa, in quanto queste sostanze interferiscono con il metabolismo osseo e possono contribuire alla perdita di massa ossea.
2. Età adulta
Nell’età adulta, l’obiettivo si sposta sul mantenimento della massa ossea e sulla prevenzione della perdita ossea che si verifica naturalmente con l’invecchiamento.
Alcune delle prescrizioni viste nell’infanzia e nell’adolescenza valgono anche per l’età adulta. Ci riferiamo, nello specifico, alla dieta ricca di calcio e vitamina D, all’attività fisica regolare e allo stile di vita sano. In aggiunta, in questa fase si raccomanda anche:
- supplementazione: in alcuni casi, potrebbe essere necessario assumere integratori di calcio e vitamina D per raggiungere il fabbisogno giornaliero raccomandato, ma solo dietro prescrizione medica;
- controlli medici regolari: sottoporsi a controlli medici periodici e a esami specifici è importante per identificare precocemente eventuali problemi di salute delle ossa e per intervenire tempestivamente.
Per quanto riguarda il fabbisogno di calcio, riportiamo di seguito una tabella che riporta le dosi da assumere a seconda dell’età, tratta dall’articolo “Osteoporosi: la corretta gestione in medicina generale”, pubblicato sulla rivista della Società italiana di Medicina Generale e delle cure primarie.
3. Terza età (osteoporosi secondaria)
La forma più comune di osteoporosi nella popolazione anziana è l’osteoporosi secondaria, che si verifica a causa di altre condizioni mediche o all’uso di alcuni farmaci.
Vediamo, quindi, come prevenire la perdita ossea e le fratture durante la terza età.
- identificare le condizioni mediche: come già illustrato, alcune condizioni mediche, come le malattie endocrine, le malattie gastrointestinali, le malattie reumatiche e l’uso prolungato di corticosteroidi, possono contribuire all’osteoporosi;
- modificare la terapia farmacologica: se possibile, modificare la terapia farmacologica che può contribuire alla perdita ossea;
- prevenzione delle cadute: negli anziani con osteoporosi, la prevenzione delle cadute è fondamentale per ridurre il rischio di fratture;
- adattare l’ambiente domestico: eliminare ostacoli, migliorare l’illuminazione, installare maniglie di supporto;
- utilizzare ausili per la deambulazione: bastoni, stampelle, deambulatori;
- esercizi per l’equilibrio e la forza muscolare.
Come spiegato, quindi, la prevenzione dell’osteoporosi è un processo continuo che inizia fin dalla giovane età e prosegue per tutta la vita.
Come si cura?
La terapia dell’osteoporosi ha l’obiettivo di rallentare o arrestare la perdita di massa ossea, aumentare la densità ossea, prevenire le fratture e migliorare la qualità di vita del paziente.
Vediamo quali sono le possibili cure che un medico può prescrivere, da affiancare alle raccomandazioni già elencate prima:
- terapia farmacologica: è indicata nei pazienti con osteoporosi conclamata o ad alto rischio di fratture. I farmaci utilizzati per il trattamento dell’osteoporosi agiscono principalmente riducendo il riassorbimento osseo o stimolando la formazione di nuovo tessuto osseo. La scelta del farmaco dipende dal rischio di frattura del paziente, dalle sue condizioni di salute generali, dalle preferenze individuali e dai possibili effetti collaterali;
- gestione delle fratture: le fratture da osteoporosi possono causare dolore, disabilità e riduzione della qualità di vita. La loro gestione comprende:
- trattamento del dolore: analgesici, calore umido, massaggi, tutori;
- riabilitazione: esercizi per migliorare la forza muscolare, l’equilibrio e la mobilità;
- chirurgia: in alcuni casi, può essere necessario un intervento chirurgico per stabilizzare la frattura.
La prescrizione di farmaci per l’osteoporosi è regolata da specifiche normative, come la Nota AIFA 79 in Italia, che stabiliscono i criteri di eleggibilità al trattamento a carico del Servizio Sanitario Nazionale, tra cui figurano:
- pregresse fratture da fragilità (vertebrale, di femore o altre sedi);
- basso T-score alla densitometria ossea;
- terapia cronica con corticosteroidi;
- blocco ormonale adiuvante per tumore al seno o alla prostata;
- comorbilità associate ad aumentato rischio di fratture (artrite reumatoide, BPCO, diabete, etc.);
- storia familiare di fratture vertebrali o di femore.
La terapia dell’osteoporosi è un processo che richiede un approccio integrato, che coinvolge il paziente, il medico di famiglia, lo specialista e altri professionisti sanitari.